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Mine vaganti (Conferenza Stampa)

Pubblicato il 14 febbraio 2010 da Antonio Valerio Spera


Mine vaganti (Conferenza Stampa)

Berlino - Dopo 7 film girati a Roma avevo un po’ paura a cambiare location. Ma poi è andato tutto alla grande. In Puglia mi sono trovato benissimo. Così Ozpetek ha descritto nella conferenza stampa tenutasi a Berlino, e a cui era presente anche tutto il cast, l’inusuale scelta per un romanocentrico come lui (cinematograficamente parlando) di ambientare a Lecce il suo Mine Vaganti. Prodotto da Fandango con RAI Cinema e con il sostegno della Film Commission pugliese, con un budget complessivo di 7 milioni di Euro – parola di Domenico Procacci - e dal 13 marzo distribuito in 400 copie da 01, Mine vaganti è una commedia divertente che tratta, come sempre fa il cinema del regista italo-turco, tematiche importanti (come pregiudizi sociali, l’omosessualità, amori impossibili, la famiglia) e che porta sullo schermo un parco attori eccezionale che va da Ennio Fantaschini a Lunetta Savino, da Nicole Grimaudo a Elena Sofia Ricci, da Alessandro Preziosi fino a Riccardo Scamarcio, vero protagonista del racconto, per la prima volta nei panni di un omosessuale.

Riccardo, come hai lavorato per interpretare un omosessuale?

Riccardo Scamarcio: Non mi sono preparato per interpretare un omosessuale ma mi sono preparato a fare il mio personaggio a prescindere dai suoi gusti sessuali. Ci sono caratteristiche che il personaggio richiedeva in quanto gay, ma non ero assolutamente preoccupato da questo. L’omosessualità è una condizione normale, non ho sentito questo problema. Più importante era cercare di capire i suoi problemi come scrittore, di capire quali fossero i suoi bisogni, di esprimere la sua difficoltà nell’essere circondato da persone che non gli permettono di manifestarsi per quello che è. Il film affronta il pregiudizio, l’essere costretti a fingere per essere accettati. E’ una cosa abbastanza diffusa, nella piccola provincia e nel mondo cinema. E’ difficile manifestarsi in maniera libera per quello che si è. Il mio personaggio mette sempre gli altri prima e non si dichiara mai totalmente, non per mancanza di coraggio ma perché così evita di dare dispiaceri ulteriori. E’ un atto di forza.

Una domanda per tutti gli attori: come vi siete avvicinati ai vostri personaggi?

Ennio Fantastichini: Il mio Vincenzo è un personaggio molto lontano da me. Mi ci sono avvicinato dunque da lontano. Di un figlio bisogna preoccuparsi della felicità. Ho cercato di capire nella famiglia del Sud la mascolinità, ho cercato di capire il disagio verso gli altri. Sono grato a Ferzan e ai miei colleghi per questo film, per avermi fatto divertire sul set, per l’affetto che mi hanno dato.

Elena Sofia Ricci: Io voglio ringraziare Ferzan per avermi dato la possibilità di tornare al cinema e di avermi affidato un personaggio lontano dai miei soliti. Non mi ha fatto fare la mamma, ruolo in cui mi ero specializzata. Fare la zia è stato bello. Mi sono sentita molto responsabile: questa zia Luciana è la somma di tre zie di Ferzan, tre zie che lui porta nel cuore. Mi sono sentita di dovergli restituire questo affetto. Il mio comunque è un personaggio ironico, struggente, tenero, disperato. E’ stata un’impresa delicata interpretarlo, anche perché c’era il rischio di cadere nel clichè e nella macchietta.

Lunetta Savino: Il personaggio di Stefania mi è piaciuto da subito. E’ stato un viaggio appassionante questo film. Per la prima volta ho fatto una mamma con molte ombre che rispetto all’affettività ha molti blocchi. L’omosessualità del figlio viene avvertita come un secondo tradimento dopo quello del marito. E’ stata una bella sfida.

Scamarcio, ti senti un po’ ambasciatore dell’omosessualità?

R.S.: Io non mi sento ambasciatore degli omosessuali. Rifiuto questo ruolo. Non voglio nemmeno per un attimo pensare che ci sia bisogno di diventare ambasciatori, anche se purtroppo assistiamo ancora in Italia ad atti di intolleranza, di cui mi vergogno io stesso. Il nostro film è una commedia in cui c’è tutta l’umanità, c’è una famiglia, ci sono eterosessuali, omosessuali, c’è amore e c’è tanta leggerezza. Il film è un’iniezione positiva, ironica su alcune dinamiche. Penso faccia ridere anche per sdrammatizzare, ma non è un film solo sull’omosessualità.

Elena Sofia Ricci, è la sua prima volta a Berlino. Come si sente a partecipare a questo Festival?

E.S.R.: Io mi sento onorata di essere qui. E’ la prima volta. Berlino è la capitale europea più innovativa più libera. E’ un onore essere in un festival così attento alle tematiche umane e sa accogliere un film come questo che attraverso la commedia e la poesia tratta temi legati ai grandi affetti, ai grandi valori della vita.

Ferzan, come hai costruito il personaggio di Ilaria Occhini, la nonna della famiglia?

Ferzan Ozpetek: Le persone anziane di un certo periodo sono molto più avanti di molti giovani. Il personaggio della Occhini è un po’ la cornice del film. La vera malinconia e la profondità ce la dà la proprio la storia della nonna. Tutto il film è stato un lavoro affascinante ma difficile, ma soprattutto con Ilaria. L’ho scelta per la sua bellezza. Fisicamente mi piaceva lei.

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