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Non-Dit - Torino Film Festival - Concorso

Pubblicato il 24 novembre 2008 da Sila Berruti


Non-Dit - Torino Film Festival - Concorso

Quanto dolore si nasconde dietro alle frasi non dette, cosa succede quando la sofferenza è talmente grande da non poter essere raccontata ne espressa, esiste un modo per condividere la disperazione? Se lo domanda Fien Troch, regista del film in concorso Non-Dit, opera dal colore e dal sapore tipicamente francesi, che non riesce pienamente nel suo intento e si perde in un formalismo tanto estremo da risultare sterile. La storia di una coppia dilaniata da dolore per la scomparsa della loro unica figlia, avvenuta in circostanze misteriose quattro anni prima, è solo il pretesto per raccontare il dramma psicologico che la disperazione è in grado di generare logorando dentro chi soffre giorno dopo giorno inesorabilmente. Dal tragico momento della scomparsa di Lisa tra Lukas e Grace è sceso un velo di disperazione e silenzio che rende impossibile ogni tipo di comunicazione. I protagonisti, circondati dall’ indifferenza del mondo che non comprende la gravità della perdita che hanno subito, conducono che sembra normale solo in superficie. Dentro le mura della loro bella casa si consuma un dramma silenzioso e invisibile che lentamente li uccide. Mentre lui cerca consolazione fra le braccia di un’altra donna fino al giorno in cui troppe misteriose telefonate lo inducono a pensare che Lisa stia cercando di mettersi in contatto, lei cerca di gestire con apparente normalità una vita ormai distrutta fino al momento in cui crede di riconoscere in un ragazza il volto della sua bambina e comincia a pedinarla. Persi nella assurda ricerca di qualcuno che evidentemente non può, o non vuole, ritornare Grace e Lukas dimenticano come amarsi, aiutarsi e comprendersi, barricati dietro ad un silenzio spesso come un muro, fatto di frasi lasciate a metà, di piccole bugie e di tanti rimorsi. Il dolore che dilania entrambi si trasforma piano piano nella terribile consapevolezza che se Lisa fosse morta, se la speranza potesse smettere di tormentare entrambi forse potrebbero tornare a vivere, ad affrontare il giorno e ad amarsi. Se pur con ottime intenzioni e con delle scelte registe decise, il film non convince. Perso in una fitta rete di rimandi sterili ed eccessivamente simbolici, come la crepa nel muro che Grace si ostina a cercare di riparare senza chiedere l’aiuto di nessuno e che si allarga mano a mano che marito e moglie si allontano; o come il gattino malformato che una vicina di casa ha dovuto uccidere davanti ai piccoli fratelli proprio nel momento in cui Grace lentamente accetta di doversi rassegare. Costruito tutto su primissimi piani e dettagli, il film affronta dunque il delicato tema del dolore privato, del vuoto lasciato dalla scomparsa di una persona tanto importante, della necessità di dimenticare per trovare la forza di andare avanti. Tema cari alla regista che già nel con del suo primo lavoro, Verbrande Aarde, aveva voluto raccontare la storia del dramma vissuto da due genitori per la morte bambino di soli sette anni. Qui non è tanto la disperazione per una scomparsa il nozziolo centrale quanto piuttosto la elaborazione di un lutto senza un corpo da piangere. La pellicola però non convince. Troppo patinata, troppo pulita per rendere allo spettatore il denso della profonda disperazione. Anche le prove dei due attori protagonisti non convincono e lasciano il pubblico del tutto estraneo ad un dramma che spesso sembra non coinvolgere nemmeno loro.


CAST & CREDITS

(Non-dit); regia, soggetto e sceneggiatura: Fien Troch; fotografia: Frank Van den Eeden; montaggio: Ludo Troch; musica: Peter Van Laerhoven; interpreti: Bruno Todeschini (Lukas), Emmanuelle Devos (Grace), Lola Bonfanti (la ragazza/Girl),Laura Van Geyt (Corinne), Nade Dieu (Julie), Lola Rausin (Lisa), Joffrey Verbruggen(Benjamin), Jean Marc Delhausse (Bruno); produttore: Antonino Lombardo; produzione: Prime Time; origine: Belgio, 2008; durata: 97’


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