X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



1994 - Teste di Serie

Pubblicato il 5 ottobre 2019 da Valentina Holtkamp


1994 - Teste di Serie

In fondo cosa importava se era una “fabbrica della merda”, bisognava riempire il vuoto lasciato dalla Prima Repubblica. Il paese doveva andare avanti.
Ospite di Silvio Berlusconi in Costa Smeralda, un Umberto Bossi in canotta parla di conflitto d’interesse, teme di incrinare la credibilità politica della Lega, insomma non vuole spacciare la merda per altro. Ma per questo, tra un karaoke e un piano bar di Umberto Smaila, c’è la televisione. The show must go on.

Con mani pulite e l’arresto di Mario Chiesa si era creata la speranza collettiva che si sarebbero finalmente superati i meccanismi corrotti della politica e dell’imprenditoria, scollegandoli dalle tangenti e dalle mafie che silenti vi giravano intorno. Di Pietro aveva creato l’illusione che si potevano cambiare le regole del gioco. Erano seguite le indagini, le denunce, e una catena di arresti e suicidi che avevano portato dritto alla resa del grosso cinghiale, Bettino Craxi, fino ad arrivare all’inchiesta Montedison, alla scoperta della maxitangente e al suicidio di Raul Gardini: un’escalation drammaturgica che segna le prime due stagioni della serie tv prodotta da Sky e Wildside.
Ma la corruzione in Italia aveva radici troppo profonde per essere estirpate: erano sempre pronte a riformarsi e a recuperare linfa vitale. Una questione culturale.

Dopo l’anno della Rivoluzione (1992) e quello del Terrore (1993) la trilogia giunge a compimento con l’anno della Restaurazione (1994), quello in cui i media aprono le porte alla Seconda Repubblica: politica e televisione sarebbero diventate una cosa sola.

La fame di giustizia popolare dei mesi precedenti stava esaurendo la sua forza, quell’energia stava convergendo nell’identificazione con il nuovo modello politico e con lo spettacolo in tv, quella era la nuova forza elettorale. L’illusione avrebbe potuto governare gli italiani per anni, bisognava solo cavalcare l’onda dell’entusiasmo e concentrare il tutto in un partito.
Villa Certosa in Costa Smeralda, gli abiti bianchi di lino al tramonto su uno yacht, il lusso e la bellezza, erano uno spot perfetto: la grande bellezza di Berlusconi, uno che ce l’aveva fatta da solo. E così, superata la giurassica Democrazia Cristiana e il corrotto Partito Socialista, l’Italia non aveva più bisogno di problemi, a quelli «ci si pensa a settembre».

Tra queste trame nasce la terza stagione, 1994, in un misto di cronaca e finzione, finemente costruito dagli sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo, in cui i personaggi si muovono, crescono e mutano rispetto al passato. Li troviamo tutti in parlamento, qui culminano i loro percorsi iniziati tre anni prima.
Il pubblicitario Leonardo Notte (Stefano Accorsi, da una sua idea nasce l’intero progetto di serie), è il primo a capire le potenzialità del nuovo miracolo italiano e di Forza Italia: faccia da bravo ragazzo che maschera un lato oscuro grande così, carismatico, ambiguo, scaltro, adesso è l’uomo ombra del Governo, ha l’ufficio proprio accanto al Primo Ministro, è lo scudiero di Berlusconi (interpretato da un ottimo Paolo Pierobon). Veronica Castello (Miriam Leone), soubrette disposta a tutto pur di lavorare in televisione, e capace di sospendere qualsiasi moralismo, diviene deputata e siede ora tra gli scranni del parlamento a Montecitorio. Pietro Bosco (Guido Caprino), nella cui parabola sembrano concentrate tutte le anime che hanno segnato il percorso della Lega Nord, ha finalmente raggiunto il potere, è Sottosegretario agli Interni, ma l’opportunismo politico lo ha trasformato, l’ex militare e il giovane politico avventato non esistono più, e Bosco diventa il principale sabotatore del governo di cui fa parte. Infine c’è Dario Scaglia (Giovanni Ludeno) una vita al fianco di Di Pietro (Antonio Gerardi), ma come si risponde ad eventuali lusinghe da parte degli uomini che hai sempre provato a combattere?

E proprio per raccontarli meglio gli sceneggiatori per questa nuova stagione hanno rinnovato il loro stile del racconto, non più puntate corali, ma monografiche: ogni episodio è incentrato su un solo personaggio o su un singolo evento storico.
L’ambizione è quella di trasformare la cronaca politica in un grande romanzo, o meglio di romanzare la Storia senza tradirla, attraversando tutti gli elementi della tragedia classica: il coro, la guerra, la politica, lo stato, l’amicizia, la gelosia, il tradimento, l’amore e l’odio.

La terza stagione della serie tv Sky si fa più cinematografica, esteticamente più ricercata, si lascia trascinare dalla cura nel dettaglio, e dalla forza del suo progetto che è cresciuto negli anni, grazie alla regia divisa a metà tra Giuseppe Gagliardi e Claudio Noce. Ogni episodio acquisisce una forma, un colore, una visione diversa e la colonna sonora ha un ruolo fondamentale nel portarci indietro a quegli anni.
Si passa dai luoghi claustrofobici da thriller politico del primo episodio (il celebre confronto televisivo tra Occhetto e Berlusconi alla vigilia delle elezioni), al summit dell’Onu a Napoli in cui Berlusconi viene raggiunto dall’invito a comparire della Procura di Milano, alle atmosfere sfolgoranti della Sardegna, dove viene girata la quinta puntata, tra tutte forse la più riuscita.
E’ qui che si amalgama in maniera perfetta la messinscena. Nella splendida caletta in Sardegna, proprietà privata di Villa Certosa, magnifica residenza al completo di camerieri, elicottero privato, barche e piscina, si consuma la feroce trattativa tra Berlusconi e Bossi. Cronaca e romanzo si sommano a ironia e paradosso: circondati dal mare, immersi nella calda luce d’estate, i protagonisti continuano a muovere gli ingranaggi del potere, neanche la morte sembra essere una distrazione interessante. Possibile che nessuno si accorga del cadavere?

E, come ogni racconto storico che si rispetti, anche 1994 cela l’ambizione di parlare della contemporaneità. Analizzare come eravamo ci offre chiavi di lettura per capire chi siamo.
La serie si mostra attenta a non schierarsi, a non prendere posizione, anche se qualcosa sembra cambiare quando apriamo le porte della questura. Lì torniamo alle prime due stagioni. L’Italia è sempre la stessa, tra i muri scrostati degli uffici statali si respira l’impegno del lavoro, si porta avanti con fatica una coerenza, un bisogno di giustizia. La guerra al Cavaliere è appena cominciata.


(1994); regia: Giuseppe Gagliardi, Claudio Noce; sceneggiatura: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo; da un’idea di: Stefano Accorsi; episodi: 8; fotografia: Marco Graziaplena, Timoty Aliprandi; montaggio: Chiara Vullo, Giogiò Franchini; scenografia: Roberto Caruso; interpreti: Stefano Accorsi, Guido Caprino, Miriam Leone, Antonio Gerardi, Giovanni Ludeno, Paolo Pierobon, Elena Radonicich, Roberto De Francesco; produzione: Sky, Wildside; distribuzione internazionale: Beta Film; origine: Italia, 2019


Enregistrer au format PDF