X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Pavilion

Pubblicato il 30 novembre 2012 da Salvatore Salviano Miceli

VOTO:

Pavilion

Il cinema di Gus Van Sant si nutre di silenzi e sospensioni. La narrazione sembra spesso procedere perdendosi volontariamente in una totale assenza di accadimenti. Non sempre è così, ma ricordando soprattutto gli ultimi titoli e riportando alla memoria lo splendido Paranoid Park, a cui Pavilion sembra neanche troppo velatamente ispirarsi, il tempo del racconto si astrae, diviene quasi intangibile.
Tim Sutton, al suo debutto, sceglie quindi questa atemporalità per seguire Max, teenager di poche parole, in una adolescenza scombussolata dal trasloco in Arizona e da tutte quelle dissonanze emotive che caratterizzano il passaggio ad una età più adulta.
Le sue giornate sono fatte di vuoti da riempire con le gare in skate o in bici, da qualche trasgressione che fa sorridere più che preoccupare, dall’urgenza di vivere la propria età. Dal nord dello stato di New York, tra ampi spazi verdi e una natura ricca e florida, si passa all’aridità ed alla spigolosità dell’Arizona. Il film in qualche modo accompagna questo mutamento spaziale con un differente atteggiamento narrativo.
Nella seconda parte la macchina indaga più i soggetti che i luoghi. Sceglie di seguire con occhio attento e curioso, ma astenendosi da un atteggiamento inquisitore tipico dell’indagine sociale, il gruppo che si trasforma, come quasi sempre accade in una età di transizione, in piccola comunità. Nulla da dire sulla padronanza del mezzo da parte di Sutton, mentre qualche dubbio viene fuori riguardo l’opportunità e il senso del film.
Pavilion nulla aggiunge ad una ormai sconfinata filmografia adolescenziale che si pone come obiettivo, ormai del tutto abusato, quello di compiere un ritratto fedele, originale o meno, di un passaggio cruciale nella vita di un ragazzo. Nulla aggiunge perché tanto lo stile quanto l’oggetto del riprendere sono in tutto e per tutto figli di qualcosa più volte già visto e sentito e, come negli esempi sopra ricordati, con maggiore forza e personalità.
Se si può certo dire che il film è portato a compimento, é ben fotografato e diretto con onestà, ugualmente é giusto sottolineare come, almeno per noi, lasci abbastanza freddi, poco coinvolti e interessati. Pavilion resta un film formalmente apprezzabile ma di cui non si avvertiva la mancanza o comunque l’urgenza. Un buon prodotto che difficilmente sarà ricordato a lungo.


CAST & CREDITS

(Pavilion) Regia, sceneggiatura: Tim Sutton; fotografia: Chris Dapkins; montaggio: Seth Bomse; interpreti: Max Schaffner, Zach Cali, Cody Hamric, Addie Bartlet; produzione: Van Riper Archives; origine: Usa; durata: 72’.


Enregistrer au format PDF