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Plan B - Roma 2009 - Concorso

Pubblicato il 22 ottobre 2009 da Sila Berruti


Plan B - Roma 2009 - Concorso

Se la triangolazione lui ama lei, lei ama l’altro è una delle strutture classiche della storia del cinema (da Via col Vento di Ian Fleming a Jules et Jim di Francois Truffaut, solo per citare due capolavori più amati e conosciuti dal pubblico di tutto il mondo) infiniti sono i linguaggi per raccontare il tormento interiore di un amore non condiviso, soprattutto se alla fine aggiungiamo una terza possibilità: lui ama lui. L’opera prima di Marco Berger rispetta alla lettera le regole della storia d’amore anche se a viverla sono due persone dello stesso sesso. Bruno decide, per gelosia, di insinuarsi nel rapporto tra la sua ex ragazza (con la quale continua ad avere una relazione fatta di incontri occasionali senza riuscire a convincerla a tornare insieme) e il nuovo fidanzato di lei Pablo; finge così di incontrarlo per caso per mettere in opera il Piano B: far nascere a Pablo dei dubbi sulla sua identità sessuale. Il gioco non riesce perfettamente a Bruno che rimane impigliato nelle maglie della sua stessa trappola.
Il film tratta un tema “forte”, anche se ampiamente sdoganato, usando però solo toni pacati e sussurrati. Non c’è nulla di eccessivo, palese o gridato al mondo, ma una selezione accurata di momenti e inquadrature che sembrano trasportare lo spettatore in un non luogo, in una città inedita e anonima fatta di dettagli o totali privi di identità spaziale e temporale. Si passa così dal particolare di questa storia d’amore all’universale, semplicemente attraverso il muto linguaggio del visivo senza avvalersi di un parlato che sarebbe risultato ridondante, banale e già sentito. Un’amicizia che si trasforma in amore, due ragazzi etero che non si scoprono omosessuali, con tutti i tormenti che potrebbero derivarne, ma solo l’uno innamorato dell’altro semplicemente e senza preconcetti. L’anima gemella, sembra affermare il regista che dell’opera è anche sceneggiatore, non ha sesso, colore o etnia è solo li e bisogna saperlo accettare senza imporsi barriere sociale e precostruite. Poetico, a tratti forse un po’ troppo involuto, il film ci racconta di un Argentina sessualmente libera, dove amare un uomo, una donna o entrambi non è una cosa di cui vergognarsi o avere timore. L’amore è l’amore, Berger lo dice chiaramente, riaffermando una verità che potrebbe risultare banale ma che non lo è affatto in un momento di preoccupante ritorno all’omofobia, al razzismo e in generale alla paura del diverso. Il film, che chiede una grande collaborazione allo spettatore, convince non solo negli intenti, ma anche nelle scelte, calcolate e sempre gestite con grande padronanza, a partire dalla musica utilizzata con estrema parsimonia, soprattutto perché non si lascia mai andare al patetico o al melenso, ma rimanere sempre fedele ai tratti del melodramma che ben si adattano a questo genere di racconto. Pochi dialoghi e una recitazione molto naturale, affidata ai volti dei due protagonisti, sono forse le conseguenze di una lavorazione a basso costo che però non rappresenta un ostacolo ma si trasforma nell’occasione di raccontare una storia antica in maniera diversa: sospesa tra gli amari colori del primo Ken Loach, le cupe atmosfere di un giovane Rainer Werner Fassbinder e il sapore tutto particolare del cinema latino americano.


CAST & CREDITS

Regia; Marco Berger; Cast:Manuel Vignau (Bruno), Lucas Ferraro (Pablo), Damián Canducci (Victor); Sceneggiatura: Marco Berger; Fotografia:Tomas Pérez Silva; Montaggio:Marco Berger; Scenografia: Martín Cuinat; Costumi: Laura Martínez; Musica: Pedro Irusta; Produttore: Mariano Contreras, Yvan Bein, Marco Berger; Produzione: Oh My Gomez;Co-produttore: Iván Bein; Brainjaus; Origine: Argentina 2009


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