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Roma 2016 - Boy on the Bridge

Pubblicato il 18 ottobre 2016 da Alessandro Izzi

VOTO:

Roma 2016 - Boy on the Bridge

Socrates è un dodicenne che vive all’ombra del ricordo del nonno, eroe, così gli è stato raccontato, di guerra.
La sua cameretta è, per questo, tappezzata di poster di supereroi, quasi un biglietto da visita per i suoi stessi genitori che guardano con affetto, ma anche con una punta di preoccupazione la sua iperattività e il suo essere sempre per strada.
La madre soprattutto vorrebbe mettergli un freno per tenerlo a casa almeno nelle occasioni comandate, ma lascia al padre il compito di fargli da guida morale e spirituale. Del resto l’uomo è tenuto in una certa considerazione dalla comunità: istruito, in possesso di un titolo di studio, è anche veterinario e sa trattare gli animali che devono costituire la maggior fonte di sostentamento per gli abitanti del luogo.
In realtà il padre sembra avere in sommo rispetto la sua infanzia e lo lascia fare anche se le marachelle che combina cominciano a farsi un poco pericolose.
Socrates, infatti, forse un poco per seguire le orme del nonno che era artificiere e sapeva fare le bombe, costruisce dei petardi sempre più potenti che fa esplodere senza rendersi conto della loro intrinseca pericolosità.
La sua infanzia è ancora vento tra i capelli durante le corse in bici e scaramucce con il cuginetto con cui passa tutto il tempo, in un reciproco spintonarsi che è segno prima di tutto di affetto fraterno e complicità amicale.
Eppure in questo paese con le case vecchie e le finestre di quel legno un poco gonfio di umidità che fanno tanto mondo contadino, non tutto è sereno come sembra. E Socrates comincia a scoprire direttamente sulla propria pelle le ipocrisie, la cattiveria e le bugie con le quali neanche gli adulti sanno del tutto convivere, tentando, malgrado la graduale, inarrestabile perdita di ogni certezza, di mantenere saldi quei piccoli ideali con cui ha puntellato la sua ancora breve esistenza.
Si trova così sul ponte metaforico che non solo unisce infanzia e maturità, ma che divide il bisogno di giustizia ancora tipico dei bambini con l’abitudine al compromesso che ci rende grandi e grigi.
E tra questi due poli che lo strattonano e dividono in un modo che non riesce in alcun modo a capire, non gli resta che urlare il suo esserci e il suo diventare, come nel quadro di Munch (anche lì da un ponte), con le stesse ansie, ma senza abbandonare il piano realismo di un film che vuole prima di tutto raccontare.
Sulla base di una trama estremamente lineare e mai scontata che deriva da un romanzo che non stentiamo a credere bellissimo dati i risultati del film, Boy on the bridge è un romanzo di formazione di incredibile nitore e di straordinaria profondità che si saluta con maggiore gratitudine quando si scopre che è un’opera prima.
Film che sanno accostarsi allo sguardo dei bambini, cogliendo con così grande sensibilità il senso di smarrimento e la delusione con cui si comincia a perdere l’infanzia sono, infatti, incredibilmente rari. E solo uno era un esordio e si intitolava Le Quatre cents coups.
In questo stare perennemente ad altezza di bambino risiede il merito maggiore di un’opera che è scandalo e poesia e che ti si attacca addosso con una carica di verità che non capisci da dove venga fuori dal momento che ogni inquadratura ha continuato a dirti tutto il tempo che in fondo tutto è solo un film.
Senza sentire mai bisogno di chiedere indulgenza per il suo protagonista, Petros Charalambous ce lo mette davanti così com’è: curioso e intrigante, giocoso e spensierato, con un suo senso di onore nel tenere fede alle promesse che fa e al tempo pronto a provare davanti allo specchio il sorriso da mostrare alla madre per farsi perdonare.
Niente più che un bambino, in fondo, che ti diventa caro anche grazie all’interpretazione di Constantinos Farmakas capace di mantenere in ogni inquadratura una spontaneità incredibile e pulita che è destinata a lasciare un segno non piccolo nella memoria collettiva.


CAST & CREDITS

(ΤΟ ΑΓΟΡΙ ΣΤΗ ΓΕΦΥΡΑ); Regia: Petros Charalambous; sceneggiatura: Eve Makis, Stavros Pamballis; fotografia: Yorgos Rahmatoulin; montaggio: Soteris Christou; musica: Andrey Dergachev; interpreti: Konstantinos Farmakas, George Demetriou, Kika Georgiou, Andreas Tselepos, Tony Demetriou, Maria Michael; produzione: AMP FILMWORKS; origine: Cipro, 2016; durata: 85’


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