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Roma 2016 - Max Steel

Pubblicato il 15 ottobre 2016 da Alessandro Izzi

VOTO:

Roma 2016 - Max Steel

Nella costante ricerche di nuovi eroi con cui rinverdire i fasti del cinema dal facile incasso, doveva succedere, prima o poi, che si mettesse mano anche su Max Steel, pupazzo della Mattel che, nel tempo, aveva, secondo strategie transmediali già sperimentate lungamente, calcato la strada dei fumetti, del film di animazione (è del 2013) e delle serie televisive.
Succede, però, tardi, in un periodo in cui il cinema supereroico, dopo i fasti dei film della fine degli anni Novanta e di tutto il primo decennio del Duemila, sono entrati in una fase stanca e dopo che la formula del genere ha cominciato a giocare di commistioni e ibridazioni che sono sintomo potente di una perdita di presa popolare.
Sebbene il genere, infatti, registri ancora, in alcuni casi, incassi stellari, non di meno appare sempre più evidente come il genere cominci a perdere di mordente, soprattutto adesso che anche la televisione ha cominciato a flirtare con temi e personaggi garantendo una possibilità di sfruttamento ben più allettante a costi che si fanno sempre più bassi.
E di ribasso televisivo (di una televisione come si faceva una volta: semplificando) si potrebbe parlare riferendosi a Max Steel, un film che replica la formula standard del percorso eroico dei grandi cinecomics del passato in maniera, a dirla tutta, abbastanza piatta e fredda.
Ecco allora che il giovane eroe, orfano di padre, morto anni addietro quando lui era ancora in fasce a seguito di misteriosi incidenti scientifici, torna nel natio borgo con la madre, dopo aver passato un’infanzia raminga vagando da un paese all’altro in cerca non si capisce bene di cosa.
Un giovane, manco a dirlo, in pieno rispetto delle regole del genere, in piena tempesta ormonale che sente risvegliarsi, con le prime curiosità del sesso, anche qualcosa di strano e scuro che gli cova nella pancia, o meglio tra le mani che si illuminano da sole e tirano fuori strani filamenti blu come la tela di un novello spiderman che vola leggera verso il cielo.
Ed ecco che dal passato oscuro del padre, emerge, come condanna e benedizione, il senso di una missione che non poteva essere altra che quella di salvare il mondo dai cattivi che vengono da un altro pianeta e che vogliono distruggere il nostro. Al che sorge spontanea la domanda non tanto del perché (basterebbe aspettare un poco che ci stiamo riuscendo benissimo da soli), ma del perché prendersela tanto comoda da aspettare che l’eroe bambino che evidentemente temono diventi grande.
Con pochi colpi d’accetta, il film è tutto qui, in questa corsa alle esemplificazioni in cui ogni cosa è esattamente dove la grammatica non scritta vuole che sia. Compresi gli alleggerimenti comici forniti dall’alieno buono (unico a non volere la distruzione del mondo) che sta lì a far battute a raffica anche nei momenti di maggiore pathos e drammaticità.
Chiuso nella durata assai sotto la media di appena un’ora e mezza, il film è un continuo sciorinarsi di corse ed esplosioni, cascatoni e siparietti amorosi mentre parecchie cose succedono senza un vero perché in attesa dell’ultimo flashback che sveli il segreto di Pulcinella e dia il più in fretta possibile spazio al duello finale tra l’eroe ormai erede della sua missione e il cattivo che se non è il maggiordomo poco ci manca.
Potrà piacere forse ai più piccini (cui dovrebbe idealmente rivolgersi visto che prima di tutto era un pupazzetto di gomma e plastica), ma il film è proprio come l’oggetto che gli fa da modello, statico e prevedibile, innocuo e un po’ posticcio.
Ti aspetti la montagna e ti trovi davanti poco più che un topolino.


CAST & CREDITS

(Max Steel); Regia: Stewart Hendler; sceneggiatura: Christopher Yost; fotografia: Brett Pawlak; montaggio: Michael Louis Hill; musica: Nathan Lanier; interpreti: Ben Winchell, Ana Villafañe, Andy Garcia,Josh Brener, Maria Bello; produzione: Dolphin Films; origine: USA, 2016; durata: 92’


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