X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Roma 2016 - The Eagle Huntress

Pubblicato il 17 ottobre 2016 da Alessandro Izzi

VOTO:

Roma 2016 - The Eagle Huntress

Aisholpan è una bambina caparbia e volitiva.
È la primogenita di una stirpe di cacciatori con le aquile della Mongolia che ha da sempre tramandato questo mestiere (che è quasi un’arte) al solo ramo maschile.
Il destino della piccola sarebbe quello di aspettare l’età giusta per prendere marito e farsi ingranaggio inconsapevole di una società millenaria che tenta di perpetuarsi nella stessa forma, ma fuori dei confini del suo vivere il mondo è molto cambiato e qualche eco di questi cambiamenti deve esserle entrato nel sangue non si capisce neanche bene come.
Fatto sta che lei ha voti alti in tutte le materie. Eccelle a scuola e vince anche le partite a dama con i cuoi compagni (maschi) di classe con sommo disappunto di tutti tranne che dei genitori orgogliosi. O forse sarebbe più corretto dire del padre, perché la madre, che la guarda un poco con affettuoso sospetto, non sempre sembra capire le sue aspirazioni e i suoi desideri.
In verità, Aisholpan da grande vorrebbe fare il dottore e per questo le sono utili i buoni voti a scuola. Quando è a casa, nelle sue ore libere, la piccola adora stare con le aquile del padre e si bea di ogni suo racconto.
Così, un po’ perché è proprio lei a chiederglielo, un po’ perché non riesce proprio a convivere con l’idea che la tradizione della professione muoia con lui, il padre accetta la sfida di farla diventare cacciatrice.
Mentre cominciano le prime lezioni, il mondo intorno guarda con sospetto. Le amiche di classe le dicono che anche loro vorrebbero fare le cacciatrici, ma hanno paura delle aquile. I vecchi saggi del paese bollano come inutile capriccio questa passione sincera e rimarcano a ogni passo come una donna non dovrebbe preoccuparsi di altro che di trovar marito e poi occuparsi della casa, dell’acqua e della cucina.
Dovrebbe essere un documentario The Eagle Huntress e, invece, la tentazione del racconto fiabesco prende corpo a più non posso in sequenze che non si capisce mai troppo bene quanto siano abile ricostruzione di cose accadute per davvero e quanto immagini catturate in fieri, mentre accadono.
Quando il racconto comincia a prendere il volo, sostenuto anche dalle musiche che danno al prodotto un sottotono da epica hollywoodiana, ecco arrivare brani di intervista a spezzare l’incanto e a ricordarci che la storia ha qualcosa di reale e ha abitato per un po’ la casa dei fatti della vita vera.
In questa perenne oscillazione tra i poli del narrare sta la vertigine e il pericolo di un’operazione di questa fatta.
Vertigine perché il senso del reale scende a patti con il bisogno della narrazione e ci ricorda come ogni racconto, sia esso finzione che documentazione è parte profonda del nostro stesso essere al mondo. Pericolo perché delle due componenti, quella affabulatoria e spettacolare sembra spesso prendere troppo il sopravvento privando il reale della sua problematicità. Ed ecco allora che i saggi del villaggio divengono personaggi più che persone e la loro opposizione alle giuste aspirazioni della bambina finiscono per diventare archetipi (anche un po’ buffi nel loro immobilismo) di un’opposizione attanziale al percorso dell’eroe.
In questo modo finiscono per prevalere le ragioni dell’immedesimazione con la protagonista piuttosto che la visione diretta e senza mediazioni del mondo mentre lo spirito documentario cede il passo al racconto a tesi.
E se il centro del discorso è il desiderio di una bambina di cacciare con le aquile (un’attività cruenta che non tiene conto del punto di vista delle povere volpi) allora la simpatia anche un po’ fanciulla del pubblico non può che parteggiare per lei.
Non stupisce a questo punto scoprire come il lavoro di Otto Bell sia in predicato per diventare presto un cartone animato. C’è tutto: il mondo colorato delle aquile, la bambina che cresce sognando la natura, gli scenari mozzafiato e la magia della favola.
Siamo sicuri che così sarà, ma è un peccato pensare a quanto poco questo film ci abbia detto del mondo intorno a questo racconto semplice e piano.


CAST & CREDITS

(The Eagle Huntress); Regia: Otto Bell; fotografia: Simon Niblett; montaggio: Pierre Takal; musica: Jeff Peters; interpreti: Daisy Ridley (voce narrante), Aisholpan, Nurgaiv Rys, Alma Dalaykhan; produzione: Kissaki Films, Stacey Reiss Productions; origine: UK, Mongolia, USA, 2016; durata: 87’


Enregistrer au format PDF