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Se sei così ti dico sì - Conferenza stampa

Pubblicato il 14 aprile 2011 da Antonio Valerio Spera


Se sei così ti dico sì - Conferenza stampa

Habemus Belen! Con questo ironico motto il produttore Antonio Avati lancia simpaticamente la sfida al box office a Nanni Moretti, in uscita nelle sale con il suo attesissimo film in contemporanea a Se sei così ti dico sì, distribuito da Medusa in 350 sale. Alla conferenza stampa di presentazione, hanno parlato oltre al produttore anche il regista Eugenio Cappuccio e i protagonisti Emilio Solfrizzi e Belen Rodriguez, appunto.

Antonio Avati, il soggetto è stato scritto da lei, come le è venuta in mente questa idea?

L’idea della storia mi è venuta vedendo programmi televisivi con meteore del passato. Io avevo pensato un Piero Cicala ancora più sfatto e impresentabile di come poi l’ha descritto Eugenio e una donna ancora più spietata e meno umana del personaggio interpretato da Belen, ma Cappuccio e Piersanti hanno fatto bene a fare questi cambiamenti. Se sei così ti dico si è il primo film che produco non diretto da mio fratello Pupi dopo tantissimo tempo. E sono contento di averlo fatto con Eugenio Cappuccio. Io e Pupi non lo conoscevamo bene, poi quando abbiamo visto Uno su due, che ci è piaciuto molto, abbiamo pensato fosse la persona giusta per questo progetto. Per quanto riguarda Emilio Solfrizzi, è stata una scelta del regista. Conoscevo poco anche Emilio perché vado poco al cinema e guardo poca televisione. E’ uno degli attori preferiti di mia moglie perché ama molto Tutti pazzi per amore. Ora che ho visto la sua interpretazione in questo film posso tranquillamente dire che è uno dei migliori attori italiani in assoluto. Belen Rodriguez invece è stata un’idea di mio fratello, che è piaciuta subito anche ad Eugenio.

Belen, come ti trovi ormai a fare l’attrice? Ti piace?

Io ho fatto un cinepanettone, un episodio di Montalbano e poi questa commedia. E’ stato un cammino difficile ma step by step, non penso di aver saltato i gradini troppo in fretta. Hanno provato a farmi ispirare a Paris Hilton, poi però parlando con Cappuccio non mi accontentavo solo di quello, volevo che il personaggio tirasse fuori una sensibilità strana per farne una figura positiva. Recitare mi emoziona molto, ho scoperto che il cinema è un altro mondo rispetto alla tv, entrambi divertenti, ma quello del cinema mi regala più emozioni - a parte Sanremo che mi ha emozionato tantissimo. Uscire da me stessa e trovarmi in un altro personaggio più complesso e diverso da me è un lavoro psicologico forte e complicato, mi ha fatto bene.

Ti riconosci in Talita Cortes?

In Talita mi riconosco solo quando sorrido, per il resto sono un’altra persona, io ascolto gli altri, non sono frivola e dispettosa come lei. L’altro giorno avevo una persona in camerino e per non disturbarla non sono neanche entrata, anche se era il mio camerino. La gente che prende potere e lo fa diventare arroganza e superbia compie il peccato più grande. Sono più fragile di lei, non sono una santa, però non avrei mai un rapporto di questo tipo con un fidanzato. Io rido, ci divertiamo, io ho una vita, un cuore che è più grande del lato B.

Emilio Solfrizzi, come è stato interpretare Piero Cicala? Per entrare nel ruolo hai anche dovuto lavorare molto sul tuo aspetto fisico…

È un film che amo moltissimo, sono fiero, entusiasta e felice che Eugenio abbia pensato a me per un ruolo impegnativo - impegnativo anche a tavola, dato che sono dovuto ingrassare di 8 chili. Ringrazio tantissimo trucco e parrucco, facevo circa 3 ore di trucco al giorno. Abbiamo voluto raccontare l’anima di un uomo incredibile che non si è lasciato vincere dalla rassegnazione alla sconfitta - cosa che rappresenta molto l’Italia di questi anni -, che non si è lasciato sconfiggere dal cinismo di oggi, ha riaccettato la sfida del tornare a mascherarsi in un mondo dello spettacolo, ritrasformarsi nel Piero Cicala che era, affrontare tutte le sue paure. E’ un personaggio che mi ha insegnato molto.

Conosce qualche Piero Cicala?

Per tantissimi anni ho lavorato in Puglia, Calabria, Basilicata, girando con i miei spettacoli, e mi è capitato spesso di incontrare dei Piero Cicala, persone con una grande ricchezza umana ma anche con cicatrici irrisolte. Mi è piaciuto affrontare questo personaggio, viviamo in un mondo che ama i vincitori ma anche i vinti, forse perché sono facce della stessa medaglia. Nella trasmissione di Carlo Conti, I migliori anni, vedi ospiti sessantenni con accanto i filmati impietosi di loro giovani che cantano la stessa canzone. Non ci spaventiamo più, siamo abituati a tutto, anche a certe crudeltà, ed è bello che qualcuno lo racconti.

Emilio hai mai pensato di passare alla regia?

Mi piacerebbe esordire dietro la macchina da presa, poi vedo il lavoro che fa un regista e ci ripenso. Rispetto moltissimo il lavoro del regista, è un lavoro difficile, faticoso, mi trovo molto comodo per ora a fare l’attore. Prima o poi capiterà. Sono pronto, ecco.

Il Servillo di L’uomo in più è stato un riferimento per la tua interpretazione?

Servillo è sempre un mio punto di riferimento in Italia, perché è un attore straordinario. Ho visto più volte L’uomo in più ma prima che mi fosse offerto questo film. E comunque canto meglio io di Servillo.

Eugenio Cappuccio, che sfida è stata per te questo film? Il soggetto di Antonio Avati ti è piaciuto subito?

Il soggetto mi ha fatto subito innamorare, è una storia che ho sentito subito mia alla fine della lettura. Questo è un film che ho voluto fare accettando tutta una serie di sfide, come entrare in relazione con un gruppo produttivo così significativo come la Duea dei fratelli Avati. Con loro ho scoperto una dimensione molto familiare del lavoro. Lo sguardo sull’uomo messo sul banco di prova lo riprendo da Pupi, è una cosa presente in tutti i miei film. Per quanto riguarda Belen, io non la conoscevo, dissi a Pupi che la preferivo sicuramente a Paris Hilton. Poi l’ho incontrata e guardata, lei era disponibile a seguire le mie indicazioni, le ho dato l’incarico di trovare il nome della protagonista, Talita, le ho spiegato come lavorare sul set. Io sono pignolo, ma mi piace che gli attori partecipino alla riscrittura del copione. Sia in Emilio che in Belen ho trovato due bei complici per raccontare una vicenda non facile che partiva dall’Italia di provincia per arrivare in Texas. Devo inoltre ringraziare i produttori perché mi hanno dato la possibilità di girare in maniera cronologica, per seguire meglio l’evoluzione di Cicala. Un’altra sfida è stata girare con la Canon 7D, pensavo che con queste macchine potevo avere leggerezza e rapidità. Così è stato, abbiamo girato anche tre camere contemporaneamente.


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