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Venezia 72 - Storie sospese - Venice days

Pubblicato il 2 settembre 2015 da Edoardo Zaccagnini

VOTO:

Venezia 72 - Storie sospese - Venice days

Piccolo film di impegno civile, di gente sottomessa alle leggi non scritte del nostro presente: gli interessi dei potenti – piccoli o grandi - prima di quelli dei fragili; l’assenza di un progetto di crescita sostenibile e illuminato che produca autentico benessere. L’impossibilità, ancora oggi, di un’alternativa valida allo sviluppo senza progresso. Il tema è grande, controverso, delicato, e Stefano Chiantini, qui al suo terzo film, lo comprime dentro una vicenda minuta di Italia in periferia, in un cantuccio di montagna che ne simboleggia tanti, in particolare il paesino di Ripoli citato nella didascalia finale in forma di dedica, dove a causa di imponenti lavori stradali ha ripreso a muoversi una frana dormiente. Nel film siamo in mezzo all’Appennino e alla sua preziosa bellezza, tra i suoi vicoli di pietra magicamente aggrappati a una montagna già stuprata da una lingua di cemento che attraversa la vallata, anche lei sospesa per aria come il protagonista principale del film: un padre di famiglia (Marco Giallini) che si arrampica con corde e moschettoni per mettere in sicurezza le pareti di roccia. E’ prima di tutto un uomo coi suoi affanni e i suoi limiti: tre figli da mantenere e il pensiero unico del "devo lavorare" lo hanno reso cinico e incapace di guardarsi attorno, di osservare l’altro e se stesso. La sorte (tragica) ha voluto che la ditta in cui presta servizio da tempo debba chiudere per la morte bianca di un collega, e a lui non resti che accettare l’ambigua proposta di un ex compagno di parete divenuto piccolo imprenditore nel settore. C’è da costruire un tunnel che da una parte aiuterebbe l’economia locale (forse) ma dall’altra provoca (senza il condizionale) danni irreversibili agli edifici del borgo. L’uomo già ferito dalla vita diventa spettatore di una lotta impari tra il gigante e i piccini, e frame dopo frame, o frane dopo frane, arriva a un inatteso e doloroso crocevia: deve decidere se continuare a guardare al proprio orticello, con la testa sempre più bassa, oppure fare una scelta morale. Nel frattempo il film ha svolto e superato una parte importante del compito: ha mostrato con apprezzabile asciuttezza e con discreta precisione il fatto, il problema. Che poi gli manchino le grandi giocate d’autore, quelle che bucano le resistenze emotive più nascoste dello spettatore, è un altro discorso. Storie sospese si guarda, informa ed offre la possibilità di riflettere. Qualche dialogo è addirittura pregevole, come quello in macchina verso la fine, tra l’operaio ormai in crisi e il suo datore di lavoro lucido nel descrivere la dura legge del così stanno le cose, o noi o altri non fa differenza, tutto andrà avanti nel modo deciso. Da menzionare l’alto numero di bravi attori italiani nel cast: oltre a un Marco Giallini privato di ogni sfumatura romanesca, figurano Giorgio Colangeli, Alessandro Tiberi, Maya Sansa, Sandra Ceccarelli e il sempre bravo Antonio Gerardi, tornato al cinema dopo l’interpretazione di Antonio Di Pietro nella serie tv 1992.


CAST & CREDITS

(Storie sospese); Regia: Stefano Chiantini; sceneggiatura: Stefano Chiantini, Luca Benedetti, Chiara Atalanta Ridolfi, Marta Manzotti; fotografia: Tarek Ben Abdallah; montaggio: Luca Benedetti, Arianna Zanini; interpreti: Marco Giallini, Maya Sansa, Alessandro Tiberi, Antonio Gerardi, Giorgio Colangeli, Sandra Ceccarelli; produzione: MARTA MANZOTTI E FULVIA CICCONE PER FASO FILM, IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA; distribuzione: PABLO


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