The town (Conferenza stampa)

Venezia, 8 settembre 2010
Presentato fuori concorso a Venezia 67, l’ultimo film di Ben Affleck, The Town. In conferenza stampa erano presenti il regista e gli attori Jeremy Renner, Rebecca Hall e Jon Hamm
Ben Affleck, come hai lavorato all’adattamento cinematografico del romanzo? Hai cambiato molto il finale…
B.A.: Certo, dal libro ho cambiato qualcosa, altrimenti il film sarebbe durato 7 ore. Inizialmente avevo tenuto finale originale, poi riguardando lo script avevo capito che lo spirito del film portava a un finale diverso.
Continuerà a fare il regista o si dedicherà solo alla recitazione?
B.A.: Voglio continuare a fare il regista. La prima volta mi stupii di aver finito un film, ero nervosissimo. Stavolta invece sono stato in grado di lavorare con molta più fiducia, ho avuto grandi attori e grandi tecnici. La regia è una cosa che mi dà grandissima soddisfazione e mi gratifica. Sì voglio assolutamente continuare a fare il regista.
Quali film o registi hanno influenzato questa tua opera?
B.A.:Parte della mia ispirazione è da ricondurre ai film degli anni ‘30 della Warner bros. Credo che Jeremy Renner assomigli davvero a James Cagney, non vi sembra? Per me l’aspetto sociale è molto importante e credo anche che un film così non può piacervi se non avete un forte senso del luogo. Gomor ra ha avuto grande influenza su di me, perché la storia era così vera e perché si percepiva la tensione di un film così ben costruito, con personaggi completamente radicati nel luogo. Io volevo che il mio fosse reali e che lo fossero anche i personaggi.
Cosa pensa del film di suo fratello Casey, I’m Still Here, presentato qui al Lido? E cosa pensa lui del suo lavoro da regista?
B.A.: Non voglio sapere cosa dice Casey di me. Io ho visto il suo film, lo trovo spettacolare, credo il pubblico l’abbia amato. Ci dice qualcosa di importante su ciò che sta accadendo ora, sulla voglia della gente di vedere cosa c’è dietro le quinte. Ma fare confronti con mio fratello mi ricorda mia madre quando ce lo chiedeva da piccoli.
L’omertà è una tematica importante nel suo film e lo è anche di Gomorra, che lei ha appena citato…
L’omertà c’è in Gomorra ma anche in film famosi come Il padrino. Il film di Garrone mi ha influenzato come stile e come realizzazione del film. Il termine omertà irlandese qui è usato provocatoriamente, per un codice del silenzio un po’ bastardo.
Anche qui, come in Will Hunting e in Gone Baby Gone, a fare da sfondo è la città di Boston…
B.A.: Provo un forte senso di attaccamento per il background bostoniano: credo ci siano analogie fra Will Hunting, Gone Baby Gone e questo film. Il luogo in cui cresciamo ci plasma e c’è una difficoltà e una tensione centrale da cui è impossibile fuggire. I film di Hollywood hanno sempre a che fare con l’attaccamento che un bimbo prova per i genitori, però io ho cercato di rinnovare questo tema classico.
Qui a Venezia si è creata una polemica sul fatto che Vallanzasca di Placido glorifichi il suo protagonista, lei si è posto questo problema riguardo al suo film?
B.A.: Sì mi sono posto la domanda se glorificavo o no un criminale, o se glorificavo la violenza. Queste considerazioni morali erano importanti ma volevo raccontare una storia veritiera e ho cercato di essere preciso e il più complesso possibile. Non volevo glorificare né semplificare. Fa cose terribili ma bisognava comprenderlo come uomo. Poi questo è un film per adulti e la gente può capire le sfumature. Bisogna far vedere il comportamento sbagliato del personaggio e nel film si vede. Le violenze non sono fatte in modo cartoonesco, penso non siano facili da guardare. Secondo me tutti possono identificarsi col personaggio: non è facile cambiare se stessi, pur capendo di sbagliare. Volevo fosse un messaggio universale
Rebecca Hall, lei ha lavorato con grandi registi, come Woody Allen. Com’è Ben Affleck dietro la macchina da presa?
R.H.: E’ impossibile confrontare dei bravi registi, come Allen o Affleck. Allen è anche lui un attore e Ben non è un attore che finge di fare il regista: è bravissimo in entrambi i ruoli. Con lui ho parlato moltissimo del mio personaggio, delle sue origini. Mi ha dato molta ispirazione. Ha creato un set in cui si poteva lavorare in modo molto creativo
Jon Hamm, come ha costruito il personaggio con Ben Affleck? E’ un personaggio molto diverso da quello che interpreti in Mad Men…
J.H.: Non ero mai stato a Boston. Abbiamo subito deciso che il mio personaggio era un outsider che incontra questa cultura molto chiusa, un personaggio che sta provando a entrarci e sta cercando di capirci qualcosa. Ho avuto contatti con la polizia locale e ho imparato molto. Ben mi ha dato la possibilità di lavorare in un set con un ambiente bellissimo, e ciò aiuto molto per rendere al meglio il proprio personaggio. Comunque nessun attore vuole fare lo stesso ruolo per tutta la vita. Dopo Mad Men per me era import fare qualcosa di diverso. Alla seconda stagione di Mad Men ho trovato 40 sceneggiature su un personaggio analogo. Ma diventa noioso suonare lo stesso pezzo per tutta la carriera. Ben finalmente mi ha proposto un personaggio così diverso e sono orgoglioso di aver avuto questa possibilità
Jeremy Renner, cosa ha portato del suo personaggio in The Hurt Locker in questa nuovo ruolo?
J.R.: Non ho portato nulla da The Hurt Locker in questa esperienza. Ero troppo immerso nel personaggio, un ruolo molto intenso e complesso. Ben mi ha detto di non fare storie e non rompere, mi ha buttato in prigione, presentato a tantissimi criminali, in modo tale che potessi comprendere in che luogo ci trovassimo a lavorare.
