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TORINO FILM FESTIVAL 2006 - CONCORSO - FLOR DA BAIXA

Pubblicato il 18 novembre 2006 da Andrea Esposito


TORINO FILM FESTIVAL 2006 - CONCORSO - FLOR DA BAIXA

Ambientato tra Lisbona, Rio de Janeiro, Marsiglia e Taranto, Flor da Baixa è una suggestione rarefatta sull’assenza e sulla lontananza, un tracciato evocativo della labilità delle cose.
Il film si apre con una finestra socchiusa affacciata sul mare. Un lentissimo zoom tenta di penetrare quell’immensa distesa d’acqua, ma il mare resta lì: una distanza infinita e incommensurabile.
Questo deserto d’acqua resta immateriale, un ente astratto che è la preclusione invalicabile del ritorno e della vicinanza, della comunicazione. Flor da Baixa tratteggia tutto ciò che è l’aldiqua di questo mare, la necessaria elaborazione di un congiungimento impossibile.

L’occhio segue un’incessante trasfigurazione del reale, reso visione, ricordo, allucinazione; questo accade nonostante la sostanza su cui Santini agisca sia squisitamente materiale. Risiede qui la speciale bellezza del film: proprio nella sua suggestiva astrazione, per cui ogni cosa diventa fenomeno e allo stesso tempo invisibile, un’apparizione inconsistente mossa da una profonda indagine del reale, del quotidiano, dell’esistente.
Il film risulta pertanto giocato su una dimensione straordinariamente superficiale, perchè si concentra appunto sulla possibilità di dire uno sguardo recluso su un corpo assente, su una centralità irraggiungibile. Davanti alla telecamera di accavallano porte, strutture divisorie, tende, sipari dietro cui le cose emergono come fantasmi.
Un senso di distanza invalicabile nascosta in uno sguardo più che ravvicinato: non sono le grandi distanze (solo il mare è immenso, e compare soltanto in poche scene isolate del film), a descrivere quest’irraggiungibilità dell’essenza. Piuttosto sono queste barriere multiformi che smorzano le luci, frustrano gli sguardi, che condannano a una visione opaca e mai nitida.
Brandelli di parole, una musica narcotica, come deformata in un ricordo, rafforzano la sensazione di straniamento.

Non c’è alcuna sceneggiatura. Le immagini prendono vita e raccontano questa traccia flebile, senza nomi, senza evoluzioni. Gli individui che compaiono nel film sono invariabilmente protagonisti e presenze già sul punto di svanire. Seguiamo una donna, la vediamo riflessa, intoccabile dietro schermi vaghi ed infrangibili nonostante neanche questi siano mai davvero consistenti. La sua presenza assente è forse più forte delle altre figure che compaiono nel film, è forse l’altro sguardo del film, forse quello che la telecamera cerca continuamente d’incontrare. E’ questo sguardo anonimo ma vivo il narratore e protagonista occulto di Flor da Baixa. Si percepisce dietro di esso la forte volontà di continuare a vedere anche se la visione è frustrata, la necessità di descrivere la ferita interiore di un’esistenza divisa.

UN JOUR A MARSEILLE

Il cortometraggio nasce durante la lavorazione di Flor da Baixa, quando Santini decide di ricavare dal materiale girato a Marsiglia quattro storie che andassero a formare un lavoro inedito. Di queste, solo una parte si trova effettivamente in Flor da Baixa. Il film rappresenta una possibilità altra di agire sulla stessa qualità della materia del lungometraggio da cui prende origine. Ma qui il materiale risulta in qualche modo privato dell’idea-sensazione dell’assenza che permea il lungometraggio. Qui l’interesse di Santini è la pura e semplice registrazione, tesa alla trasparenza della realtà.

(Flor da Baixa) Regia, soggetto, fotografia, montaggio, suono, produzione: Mauro Santini; interpreti: Monica Cecchi; origine: Italia, 2006; durata: 77’


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