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Ubu Fuori Porta - Appunti per un teatro politico

Pubblicato il 5 luglio 2008 da Luigi Coluccio


Ubu Fuori Porta - Appunti per un teatro politico

Marino, Museo Civico "Umberto Mastroianni" - Dio è un triangolo. Anche Mr.Jacksonn lo è. Ma se Dio appartiene alla geometria euclidea formulata quasi 2500 anni fa, Mr.Jacksonn è un triangolo degenere. Un triangolo, cioè, con un angolo di 180° e i restanti due di ampiezza zero. Insomma, un semplice segmento. Una figura piatta, assurda, mediocre. Proprio come Mr.Jacksonn.

La terza giornata della rassegna Ubu Fuori Porta -costola della “fiera” madre Ubu Settete, ed organizzata dal consorzio omonimo e da Amnesia Vivace- ci ri-presenta, sulla scia del San Giorgio – il Drago di Teatro Forsennato e dell’ Andreoli di Nazareth di Marco Andreoli/Circo Bordeaux, un altro spettacolo indissolubilmente figlio di quell’ “alterità” e di quell’ “arte sociale” che sono le cifre più importanti del fare teatro di questo spicchio –importante, fecondissimo- della scena teatrale italiana.
Ed Appunti per un teatro politico, ultimo spettacolo del gruppo OlivieriRavelli_Teatro –compagnia romana fondata nel 1996 che ha all’attivo lavori quali Terzo Millennio (2000), Zio Vanja unplegged (2005) e Totem (2006)- declama già nel titolo, oltre che nell’ascendenza artistica della compagnia stessa, la sua discesa ad Inferi popolati da brutture sociali ed umane, soprusi politici ed ideologie oramai –forzatamente- defunte.
Tre sono i quadri che servono a Fabio Massimo Franceschelli –autore e, assieme a Claudio Di Loreto, regista- per elaborare il suo vibrante pamphlet che, argutamente, non si dissolve in un’incessante, costruita, e per questo vuota, oratoria contro i potenti, ma bensì pregno di un lavoro artistico stratificato e leggero allo stesso tempo, sempre e comunque funzionale e mai vuota sovra-struttura (termine non casuale...) rispetto a quanto detto, vissuto, mostrato dai vari personaggi-figure presenti in scena.
Tre quadri, scrivevamo. Nella prima, esilarante, tranche assistiamo alla fulgida ed imperitura gestione del potere assoluto da parte del tiranno del luogo, Mr. Jacksonn –un perfetto Claudio Di Loreto. Lo accompagna, in scene di profonda ilarità, il suo fido Primo Ministro, Mr. Jackson –Silvio Ambrogioni, a cui tocca la parte più complessa, quella del servitore-consigliere-adoratore. Alle continue richieste di “culo” da parte del tiranno, mai soddisfatte durante tutta la vicenda, Mr.Jackson introduce una sequenza di personaggi tra i più disparati –tutti interpretati da Domenico Smerilli-: il Sindacalista, l’Artista di Corte, l’Arcivescovo. L’andirivieni di questi simboli di un potere tripartito –il Popolo, l’Arte, la Religione (o, meglio, la Chiesa Cattolica Romana?)- oramai asservito al totalitarismo decisionale di Mr.Jacksonn, viene interrotto dall’arrivo dei rivoluzionari, naturalmente bolscevichi, che proclamano la caduta della Tirannia –caduta che diviene vendita spudorata, caduta che è trasmutazione del tiranno in Capo del Partito, caduta che non è niente altro che l’altro lato di una moneta da tempo non più simulacro del Caso...
Il secondo quadro introduce quasi una prolessi nella vicenda: davanti a noi sta un giovane teatrante, ex-comunista, che si interroga incessantemente, e con lucidità, sul suo passato, sulle ideologie coattivamente scomparse, sul ruolo –prestabilito- dei ricchi e dei poveri e, in ultimo, su di noi –uno splendido Gabriele Linari emotivamente, e fisicamente, superbo nel suo difficile ruolo.
Il terzo quadro ri-vede in azione Mr. Jacksonn, ora divenuto Mr.Jackso –uniformità biografica richiesta dalla prassi comunista-, capo di un Partito tentacolare e spietato, che ai “culi” predilige le “tette”, fragile teatrino innalzato a mascherare il Tiranno e le sue infinite voglie: di potere, di sesso, di adulazione... di solitudine.
Il complesso, tragicomico, testo di Franceschelli, accosta due situazioni-limite come sono quelle di Mr.Jacksonn e del teatrante per determinare un corto-circuito di senso, di significato, che porta allo svelamento della loro inaspettata specularità: mentre Linari analiticamente –a dispetto della sua forte indignazione, della sua storica collera- seziona termini quali “ideologia”, “comunismo”, “povertà”, Mr.Jacksonn proclama la caduta della Tirannia per l’instaurazione della dottrina marxista, garantendo la successione a sé stesso nel nuovo (?) assetto politico . Ma Mr.Jacksonn è diventato quello che oggi è per via di una minuscola, insignificante, imperfezione: un’ulteriore “n” nel cognome, così da venir distinto dai vari Mr.Jackson –come il suo primo Ministro- presenti nel paese. Quella che a prima vista sembra essere l’ennesimo, casuale, gioco di dadi di Dio, assume i contorni più netti, più umani, della svista burocratica, del cavillo statalista che soffoca ogni altra ragione sociale, umana. Ecco dunque i meccanismi del potere che sovrastano, schiacciano, impacchettano i singoli teatranti, allineando il personaggio di Linari alla danza frenetica e alienante dello Charlot di Tempi Moderni, quasi facendo rivivere il luddismo inglese di primo ottocento –qui assunto come metafora della lotta contro il Potere- nelle carni, nei segni presenti sul corpo di lui, unica proprietà ingannevolmente ancora sua...
Il duo Francechelli-Di Loreto alla regia tratteggia una scena priva di fronzoli, impacci o simboli superflui, che avrebbero potuto dirottare la fruizione di un’opera già perfetta nella sua estatica violenza verbale e concettuale, arricchendo però la rappresentazione con un ridicolo jingle –e, per questo, fantastico- musicale o racchiudendo cromaticamente il tutto con evocative luci al calor bianco. Ed è proprio la brillante composizione scenica che disegna sopra la Corte o il Politburo di Mr.Jacksonn il triangolo-Dio citato nel lead di questo pezzo. Triangolo-Dio che, in modo manifesto, incombe sull’operato del piccolo tiranno-burocrate. E a cui, lui e tutto il suo operato –tramite anche un uso smodato ed efficacissimo della metateatralità-, vengono e, da lui stesso, viene tutto relativizzato. Ed è qui che la dimensione umana del personaggio-figura viene, prepotentemente, fuori. La sua insana voglia di “culo” o, indifferentemente, di “tette”, oltre ad essere un chiaro simbolo dell’estrema bassezza del fine politico, ri-dimensiona ogni ascensione divina o mitologica perpetrata da Mr.Jacksonn a pura, naturale, ferinità. Che investe, senza accezione, il popolo, il potere, la religione. Che fa il paio con l’intima bellezza dell’agire umano, cioè l’errore. L’errore del totalitarismo, l’errore del comunismo della Russia post-leninista –cioè, e ancora una volta, solo totalitarismo-, l’errore, gli innumerevoli errori, o dubbi, dolorosamente elencati dal teatrante.
E la maschera da clown bianco indossata da Di Loreto è l’ideale terreno su cui tracciare, a chiare ed imperiture lettere, il nostro non essere altro che piatti, assurdi, mediocri, esseri, già postulati millenni fa da un uomo come noi.


CAST & CREDITS

Di: Fabio Massimo Franceschelli Diretto da: Fabio Massimo Fransceschelli, Claudio Di Loreto Con: Claudio Di Loreto, Gabriele Linari, Silvio Ambrogioni, Domenico Smerilli Web Info: Ubu Fuori Porta, OlivieriRavelli_Teatro


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