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Ubu Fuori Porta - ’Nacosaprovvisoria

Pubblicato il 5 luglio 2008 da Luigi Coluccio


Ubu Fuori Porta - 'Nacosaprovvisoria

Marino, Museo Civico "Umberto Mastroianni" - Algoritmi e fiabe. Belle addormentate e macchine di Turing. Deturpazione sacrilega di un corpo narrato, sognante, per un asservimento che culmina nell’alienazione sociale, nella silenziosa de-cerebralizzazione, nell’orrendo annichilimento di ogni libertà.

E’ uno spiazzante jeu d’enfant attraversato da una potente e prolungata critica alla soffocante quotidianità questo ‘Nacosaprovvisoria, spettacolo della danzatrice-performer Elvira Frosini –regista e animatrice del gruppo romano Kataklisma- presentato nella quarta giornata della rassegna Ubu Fuori Porta. Della Frosini avevamo già lodato la sua capacità di condensare attorno ad un evento come Uovo Critico da noi costantemente monitorato in tutti questi mesi- le immediate, e pressanti e vitali, esigenze di un’ampia sfera teatrale contemporanea –che, programmaticamente, e lucidamente, non abbracciava soltanto gli artisti, ma includeva nella sua perfetta equazione anche il pubblico e la critica. E proprio in una delle serate svoltasi nel raccolto Kataklisma Teatro potemmo ammirare una “prova aperta” di un futuro spettacolo che, a quel tempo, recava il titolo di I, e che ci permise di sondare l’arte performativa-attoriale della direttrice artistica dell’evento. E, oggi, arriva un superamento di quanto visto mesi fa. Si, perché ‘Nacosaprovvisoria è un complesso lavoro che si abbevera a più fonti, declinandosi in finale in un sincretismo spettacolare affascinante e stratificato.
All’arrivo di noi spettatori lei è ferma sul palco. No, non ferma... sta dondolandosi. E il dondolio iniziale diviene marea inarrestabile che si degrada in contorsioni innaturali e plastici e vuoti balletti, trascinando in questa piena performativa straordinariamente pulita e rigorosa gli oggetti-feticcio incassati sulla scena. Oggetti che servono a trasformarla, la diafana Frosini, traslarla da una posizione ad un’altra, per poi improvvisamente far cessare questa moderna e gelida dans macabre con un’ardita, e surreale, passeggiata, con al guinzaglio un immobile dinosauro, mentre tutto intorno una nuova Luftwaffe bombarda spietatamente il nulla...
La notevole scrittura scenica dello spettacolo si compenetra con il taglio concettuale adottato dalla Frosini, che arricchisce e moltiplica vertiginosamente quanto appena visto. Ecco dunque sorgere quel dualismo macchina-organismo prima citato en passant, dentro il quale l’appena accennata figura della Bella Addormentata –o di sua sorella Rosaspina- viene contrapposta, o meglio, piegata, da continui ed onniscienti interventi extra-diegetici che declamano che postura adottare, che espressione assumere, e via discorrendo –pardon, ordinando. Queste prevaricazioni mediate da un affabulatorio linguaggio –che proprio dalla semplicità e dall’asciuttezza delle narrazioni favolistiche traggono ispirazione, naturalmente virando al negativo la ricchezza verbale presente in queste composizioni-, e che si rifanno ai jingle o ai consigli per gli acquisti televisivi, rappresentano la mascherata avanguardia mediatica di una società tecnocratica che ha nella reiterazione, nella copia, nella ciclicità dell’evento –tutti surrogati facilmente controllabili, assimilabili o sperimentalmente prevedibili- i cardini di questa offensiva prevaricatrice.
Ecco dunque che la lista di operazioni che la singola corporalità deve compiere, attuare, validare, diviene mostruoso algoritmo di controllo sociale, politico, artistico. Ecco dunque che l’ultimo residuato della nostra intima essenza vitale, la fiaba e la sua protagonista, la Bella Addormentata, diviene il nostro ancestrale simulacro da esporre all’uniformità programmata, alla massificazione opprimente.
Una sottile e caustica ironia viene spruzzata a grumi, a chiazze, su questa performatività sezionatrice, virando all’eccesso o all’insito paradosso numerose situazioni altrimenti difficilmente fruibili con tanta fluidità. E il feticistico uso di alcuni oggetti/entità –come gli occhiali o le caramelle, ricorrenti nei lavori della Frosini- sembrano portare, a prima vista, ad un provocatorio, e superficiale, jeu d’enfants –che, al contrario, combinati con particolari posture, ad esempio con la sanscrita sava (il corpo disteso come quello di un cadavere), tratteggiano figure e momenti di surreale iconicità.
L’icasticità cercata, e trovata, dalla Frosini, viene consapevolmente scardinata oltre che dalla calibratissima ironia sopra descritta, anche da una metateatralità che restituisce, in mezzo alla folta foresta di simboli intessuta dalla performer romana, una prospettiva di senso a tutta l’operazione, ri-collocando continuamente l’illusione e l’illusorio di quanto visto in un contesto molto più ampio –che include, terribilmente, noi stessi.
E la camminata finale prima descritta, si configura come un lento immergersi verso questa realtà divenuta, artificialmente, surrealtà...


CAST & CREDITS

Scritto, diretto ed interpretato da: Elvira Frosini Web Info: Ubu Fuori Porta, Kataklisma


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