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Venezia 67 - Essential Killing - Concorso

Pubblicato il 7 settembre 2010 da Nicola Lazzerotti


Venezia 67 - Essential Killing - Concorso

Tra i film del Concorso, Essential killing è probabilmente una delle opera più innovative e interessanti sinora viste sul Lido. Maturo e curatissimo, il film è un affresco antropologico sull’uomo, nella sua dimensione più terrena, brutale e selvaggiamente animale.

Un talebano, ricercato dalle forze militari in Afganistan viene braccato e catturato. Durante il suo trasporto (uno di quei famigerati trasferimenti segreti in territori Nato di cui le cronache ci hanno molto parlato), trova una fortuita fuga tra le montagne innevate di un non meglio precisato paese dell’Est, fuga che si trasformerà, in breve, in una lunga caccia all’uomo.

L’idea di partenza per questo piccolo e geniale lavoro è estremamente lineare, con tanti precedenti famosi nella Storia del Cinema. Jerzy Skolimowski utilizza così una struttura narrativa e rappresentativa quasi elementare dove tutto è volutamente trattato al grado zero dello sviluppo. I personaggi non sono mai descritti o approfonditi, ma esclusivamente mostrati, esistono solo nello spazio della loro rappresentazione, non hanno altro ruolo o destino. Tutta la vicenda ruota attorno al protagonista e alla sua fuga disperata, la macchina da presa con lunghe inquadrature non stacca mai l’obbiettivo dal protagonista, lo pedina e lo insegue con la macchine a mano e panoramiche, interrotte occasionalmente dal "lusso" di alcune accurate soggettive. E’ una regia che mostra una totale consapevolezza del linguaggio cinema, oltre ad un’eccezionale scelta dei tempi sempre attenti e misurati. Anche nelle riprese, che potremmo definire più rischiose dal punto di vista della resa e della credibilità, come i primissimi piani sul volto del protagonista Vincent Gallo, Skolimowski mantiene una cadenza e un senso morale altissimo dell’inquadratura. Mai nulla è lasciato al caso, e ogni secondo deliberatamente scelto per meglio calare lo spettatore in una dimensione straniante e ossessiva.
Splendida dunque la sceneggiatura, in cui ognuna scena è scandita ritmicamente, mentre tutte le sequenze ratificano puntualmente l’andamento altalenante del plot che riesce a far progredire il film senza sosta e senza pause di riflessione. E ottimo è il lavoro mimico operato da un Vincent Gallo in stato di grazia che muto, o quasi, per l’intera durata della pellicola, rende il ruolo magnificamente credibile, con una recitazione minimale e una dedizione totale verso il personaggio. E’ così che riesce a rendere al massimo quella dimensione animale fondamentale per la riuscita dell’opera.
Tutto ciò permette al regista polacco di realizzare un’analisi veritiera sull’uomo, inteso nella sua anima più oscura. Senza implicazioni morali se non quelle suggerite da alcuni (e forse superflui flashback), il protagonista si muove, agisce e uccide, seguendo uno spirito legittimo di sopravvivenza. Esemplificativa in tal senso, la scena con la ragazza muta (ma a guardare bene ogni scena rende bene in tal senso il concetto!), l’unica persona con il quale il protagonista costruisce un rapporto, anche se minimale. Lei (Emmanuelle Seigner) e lui comunicano ad un livello istintuale, lei costretta alla violenza dal marito, riconosce nel protagonista un altra figura ‘animale’ e, come in un ipotetico branco, se ne prende cura. Altrettanto fondamentale è la scena con una donna incinta, che se a una lettura superficiale potrebbe sembrare gratuita e vagamente fuori luogo, spiega limpidamente il senso del film, dove un individuo piegato dagli eventi e da una natura soverchiante nega ogni forma di umanità per abbandonarsi a quell’essenziale istinto selvaggio.
Un film seriamente in lizza per il Leone d’oro.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Jerzy Skolimowski; sceneggiatura: Eva Piaskowska e Jerzy Skolimowski; fotografia: Adam Sikora; montaggio: Réka Lemhényi; musica: Pawel Mykietyn; interpreti: Vincent Gallo (Mohammed), Emmanuelle Seigner (Margaret); produzione: Jeremy Thomas e Skopia Film; origine: Polonia, Norvegia, Irlanda e Ungheria, 2010; durata: 83’


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