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Venezia 67 - Il sangue verde - Giornate degli autori

Pubblicato il 2 settembre 2010 da Nicola Lazzerotti


Venezia 67 - Il sangue verde - Giornate degli autori

Andrea Segre da sempre sensibile ai temi d’impegno sociale, ci porta alla scoperta, con Il sangue verde, dei fatti che hanno sconvolto la cittadina di Rosarno Calabro.
I fatti risalgono a gennaio di quest’anno quando, dopo il ferimento, in un agguato, di alcuni braccinati extracomuniatri, esplosero delle rabbiose manifestazioni di piazza che volevano, prima di tutto, denunciare le atroci condizioni di sfruttamento a cui erano sottoposti i lavoratori. A queste manifestazioni fecero eco le reazioni violente della popolazione di Rosarno che occuparono per alcuni giorni le colonne di cronaca dei nostri giornali. Gli occhi dell’Italia erano dunque puntati sulla piccola località calabrese.
Da allora, come spesso avviene, l’interesse dell’opinione pubblica sugli esiti di questi eventi è andato, neanche troppo lentamente scemando, perdendosi nell’oblio dell’informazione. Fa dunque bene Andrea Segre a scuoterci e a riportare brutalmente alla nostra memoria anestetizzata i drammi di quei giorni.
La rievocazione dei fatti passa, nel film, attraverso le parole di sette ragazzi extracomunitari e dell’ex sindaco di Rosarno, Giuseppe Lavorato. Le loro voci ci raccontano, con livida e cruda realtà, le condizioni drammatiche a cui erano sottoposti i lavoratori, centrando spesso l’attenzione sul "caporalato", una vergognosa tradizione a cui il mondo del lavoro a basso costo, dall’agricoltura del mezzogiorno all’edilizia nelle grandi città, non sa rinunciare. Uno scontro fra poveri, nel segno di uno sfruttamento delle disperazioni private. Sfruttamento alimentato dalle associazioni mafiose. "Ndrine" le chiamano in Calabria.
La Ndrangheta forte di un incontrastabile potere economico riconfigura il territorio e lo modella politicamente per sottometterlo alle proprie necessità di espansione economica. Quindi appare giustificato pensare che lo sgombero della comunità di immigrati, voluta fortemente dal governo, e alimentata da quel clima di paura altro non è che una ben organizzata manovra per colpire la comunità di braccianti rivoltosi.

Sin qui un copione tragicamente noto, prevedibile e in un qualche modo scontato che elegge ad assoluti protagonisti uno spregiudicato malaffare tutto italiano e una cultura di massa figlia di ben alimentate paure fondate sul binomio straniero-criminalità. Ed è proprio contro questa cultura di massa fondata sulla disinformazione che il film lucidamente si pone.
Tutto il discorso passa attraverso una telecamera onnivora che inquadra volti madidi di dolore, luoghi di vita, o meglio di sopravvivenza abbandonati e i cui resti fatti di spazzatura e degrado sono il marchio più evidente e infamante del status a cui erano condizionati. Un governo, ma sarebbe più giusto dire una classe politica incapace di correggere e migliorare tale situazione, e di conseguenza attiva nella cancellazione attraverso un uso massiccio delle forze di polizia.
La regia è curata, fondata sull’uso pervasivo di onnipresenti camere a mano che non fanno mera ricerca di stile o convenzioni di genere ma mimano una precarietà sostanziale del vivere. Un montaggio secco, freddo lontano dalla facile enfasi ma a servizio della verità e un accompagnamento musicale, inusitato per un prodotto di questo genere fanno di questo Il sangue verde un esempio onesto di cinema civile.


CAST & CREDITS

(id); Regia: Andrea Segre; fotografia: Luca Bigazzi e Federico Angelucci, Matteo Calore; montaggio: Sara Zavarise; musica: Piccola Bottega Baltazar; interpreti: Amadiu Bodian, Abraham Kwasi Appiah, Abraham Yabrè, Kalifa Soumahroro e Giuseppe Lavorato; produzione: Andrea Segre/ZaLab; origine: Italia, 2010; durata: 57’


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