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Venezia 67 - Road to nowhere - concorso

Pubblicato il 11 settembre 2010 da Nicola Lazzerotti


Venezia 67 - Road to nowhere - concorso

Ogni grande autore, ogni grande maestro si è prima o poi confrontato con il cinema stesso. Come i grandissimi, anzi da grandissimo quale è, Monte Hellman ha voluto dire la sua, fare il punto con un monumentale affresco metacinematografico. Partendo da un storia elementare e immediata, Hellman edifica un’idea che è una sincera opera autoriflessiva sulla materia cinema, e un autentico manifesto di quel suo cinema d’autore esile, leggero e spirituale.

Il regista indipendente Mitchell Haven racconta ad una blogger, la storia della realizzazione del suo film ‘Road To Nowhere’, un film tratto dall’inchiesta della stessa blogger su un caso di tangenti e del suicidio della giovane Velma Duran. Emerge dal racconto dell’uomo la sua travolgente storia d’amore con la protagonista del film, la misteriosa e sconosciuta Laurel Graham, il cui aspetto è incredibilmente somigliante alla defunta Velma Duran.

Dalla commistione cinema-vita, dei personaggi, fino alla devozione per un certo cinema del passato, il film si muove con una carica e una forza degne del Truffaut di Effetto Notte o del Lynch di Mulholland Drive, quest’ultimo vicino all’opera di Hellman soprattutto per la rarefazione della storia e della regia, per l’amplificazione e la sovrabbondanza dei piani gnoseologici. Ma è evidente e tangibile anche quell’intuizione carpenteriana - come non riferirsi qui al Il seme della follia (in fondo anche lì c’era uno scaltro ispettore delle assicurazioni) - intuizione che è rappresentazione della vita e della narrazione medesima nell’atto rappresentativo.
Mostrando una coerenza stilistica ferrea, non comune in colleghi con una carriera lunga come la sua e tutto sommato romanticamente demodè, Hellman guarda con fiducia e credenza al nuovo con quello spirito e quella caratterizzazione da "nuovo cinema", o più specificatamente da New Hollywood. Allora emerge lucida l’apologia del filmare ‘leggero’, con macchine fotografiche economiche (Canon Mark 2 D5) al posto delle più costose camere broadcast, per un digitale in HD dal sapore indie. Oppure, ancora, filmare con piccole troupe, con cast di semi-sconosciuti o di giovani interpreti, con budget lontani dagli standard Hollywoodiani e soprattutto con un immancabile, profondo e totale amore verso il cinema. Se a questo aggiungiamo scene memorabili come quella dell’aereo, ci si rende immediatamente conto di trovarsi di fronte ad un grandissimo film, una favola crepuscolare su un modo morale di intendere il discorso sul cinema che è ormai storia, filmato con autorevolezza da un vecchio e audace leone.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Monte Hellman; sceneggiatura: Steven Gaydos ; fotografia: Josep M. Civit; montaggio: Céline Ameslon; interpreti: Shannyn Sossamon (Laurel Graham - Velma Duran), Tygh Runyan (Mitchell Haven), Fabio Testi (Nestor Duran), Attore 4Dominique Swain (The Blogger); produzione: Steven Gaydos; origine: U.S.A., 2010; durata: 121’


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