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Wuthering Heights

Pubblicato il 6 settembre 2011 da Sila Berruti


Wuthering Heights

Wuthering Heights è l’apologia della passione La passione intesa come violenza, potenza, desiderio e crudeltà. E’ difficile aggiungere qualche cosa ad una storia come questa. Una storia immortale e perfetta nel modo cinico, lucido e spietato di narrare il mondo. Per chiunque ami il romanzo di Emily Bronte, il film di Andrea Arnold è il coronamento di un desiderio: quello di vedere finalmente trasformato in immagini il senso, l’essenza di questa eccezionale vicenda. Wuthering Heights non è, infatti, un adattamento in senso stretto, non è una traduzione del romanzo, l’opera della Arnold è una interpretazione personalissima e al tempo stesso straordinariamente fedele, di una delle storie più belle e dolorose mai raccontate.

La storia della passione amorosa tra Heathcliff e Catherine assume quella dimensione carnale, viscerale e violenta che sembra essere rimasta incastrata nella penna della Bronte e che emerge, tuttavia, repressa dalle pagine del romanzo. Da subito lo spettatore viene immerso in una narrazione claustrofobica, sottolineata dall’uso quasi esclusivo della macchina a mano, dai dettagli e da una visione del dramma in chiave psicologica che apre la strada verso un film inaspettatamente intimista. Sorprende la capacità della regista di rendere protagonisti quelli che, per la Bronte, erano gli elementi fondanti: la brughiera che popolata di animali, piante, fiori, sangue, dolori e ricordi prende finalmente vita; il vento, la pioggia e il fango sui quali si imprime, come su un calco di gesso, la incontrollabile passione che anima i personaggi e infine le due case (Wuthering Heights e Thrushcross Grange): lontane e vicine simbolo di morte, amore e distruzione.

Wuthering Heights afferma definitivamente il desiderio della scrittrice di raccontare una storia sulla libertà: quella sociale, morale, personale e collettiva. Sul suo valore salvifico che si contrappone a quello mortale e distruttivo della gabbia, della catena e dell’umiliazione destinate a generare morte e disperazione. Un film fatto di immagini, che centellina la parola, quasi a non volersi sovrapporre al romanzo, al quale regala un respiro diverso, dando voce a quello che all’epoca non poteva essere detto così chiaramente. Il legame fisico, passionale, violento che unisce Heathcliff e Catherine oltre la morte, viene espresso con una forza violenta che sconfina nella passione con la quale Heathcliff possiede il corpo senza vita di Catherine violando quello che ancora noi consideriamo sacro. Il film è grido disperato che invoca la liberazione delle costrizioni, dai limiti e dai vincoli. Un invito sussurrato a dare voce a quello che lasciamo sepolto e un monito contro le conseguenze di questa repressione. Con Wuthering Heights la Arnold porta avanti l’opera di Emily Bronte, affermando con forza concetti che ancora adesso fanno storcere la bocca e non solo ai ben pensanti. Non c’è spazio per i buoni sentimenti e i finali consolatori. Non c’è margine per la morale, il buon senso o per il rimorso. Tuttavia le tinte di questo film sono sottili, leggere sfumature di grigio intenso che non arrivano mai al nero. Come il grido di Catherine che impercettibile, nel vento della brughiera, può essere udito solo da chi lo sta aspettando.


CAST & CREDITS

(Wuthering Heights ) Regia: Andrea Arnold; soggetto: Emily Bronte (romanzo); sceneggiatura: Olivia Hetreed; fotografia: Robbie Ryan; montaggio: Nicolas Chaudeurge ; musica: XXX; scenografia: Helen Scott; costumi: Steven Noble; interpreti: Kaya Scodelario (Catherine Earnshaw adulta), Shannon Beer (Catherine Earnshaw ragazza), Nichola Burley (Isabella Linton), James Howson (Heathcliff adulto), Salomon Glave (Heathcliff ragazzo) Oliver Milburn (Mr. Linton), Steve Evets (Joseph), Paul Hilton (Mr. Earnshaw), Amy Wren (Frances Earnshaw), James Northcote (Edgar Linton); produzione: FILM4, Goldcrest Pictures, Hanway Films, Screen Yorkshire, UK FILM Council;: Inghilterra; durata: 126’


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