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Conversazione con Fele Martìnez e Javier Càmara

Pubblicato il 21 ottobre 2004 da Marino Galdiero


Conversazione con Fele Martìnez e Javier Càmara

Tavolino sotto una magnolia di un cortile di una grande albergo romano. Parole bisbigliate intorno, quasi si fosse in chiesa, tutto sembra profumare di eleganza. Attendo che arrivino per l’intervista Fele Martínez e Javier Cámara. Ecco, si avvicinano, ci stringiamo la mano. Preparo il mio registratore. Qualche battuta di Cámara per rompere il ghiaccio, e poi la prima domanda. Quali indicazioni, chiedo a Martínez, ti ha dato Almodovar per la tua parte?

Fele Martínez: Diverse indicazioni. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di leggere insieme la sceneggiatura. Questo mi è servito come guida, giusto per sapere quali erano le sue intenzioni, quello che voleva per questo film, però non mi ha mai chiesto di imitarlo. Quindi abbiamo fatto una lettura del copione, l’abbiamo commentato, mi ha detto come doveva essere il mio personaggio, come doveva essere Gael, quale relazione bisognava stabilire tra i due, e poi da lì abbiamo iniziato ha lavorare. Non mi ha mai detto devi dire così, devi fare così, assolutamente. Abbiamo parlato del personaggio per grandi linee. Enrique è un regista, un osservatore della realtà, gli piace osservare il comportamento umana e le relazione umane. Partendo da ciò siamo andati approfondendo il personaggio.

Enrique, il tuo personaggio, è una sorta di alter ego di Almodovar?

Fele Martínez: Non è un alter ego di Pedro Almodovar. Quando io lessi la sceneggiatura, pensai subito che stavo facendo il personaggio di Pedro. Parlai con lui e mi disse che non aveva niente a che fare con Pedro Almodovar, certo era un regista, era vissuto negli anni ottanta come lui, aveva già realizzato dei film di successo, quindi c’erano molte similitudini, elementi autobiografici, però lui mi disse molto chiaramente che non voleva che io fossi lui.

Enrique vuole scoprire la verità?

Fele Martínez: Enrique è un regista, è uno sceneggiatore, gli piace indagare nei sentimenti dell’animo umano, questo aspetto, diciamo così da detective, è quello che lo porta a scoprire la verità quando gli si presenta un ragazzo che dice di essere Ignacio, l’amico della sua infanzia..... Quindi è uno che cerca di andare oltre, di andare a vedere cosa c’è dietro, questa curiosità gli fa dimenticare l’interesse per la storia (il copione) e decide di indagare. Forse la curiosità è anche mossa dal fatto che questo ragazzo era stato per lui un amico d’infanzia e aveva risvegliato in lui la sessualità, avevo quindi un’immagine un po’ idealizzata. Invece gli si presenta una persona che si discosta molto dal ricordo che lui aveva.

Mi accorgo che Cámara scalpita ed ha ragione, sono qui anche per lui. Gli allungo il microfono distendendomi sul tavolino, dato il disagio, mi soccorre Martínez. Regge lui il microfono. Allora con semplicità dico: come ti è stato presentato il tuo personaggio?

Javier Cámara: Pedro mi ha detto: voglio che leggi la sceneggiatura e mi dice quale personaggio ti piacerebbe fare. Ho letto e il personaggio che più m’incuriosiva era Paquita, molto diverso da me e da quello che avevo fatto sinora. L’ho detto a Pedro e lui mi ha detto che era esattamente quello che pensava di farmi fare. Mi sono divertito tantissimo, è stata una vera e propria sfida, un personaggio mai fatto prima d’allora, molto denso di significati, e anche se molto diverso da me alla fine mi ci sono ritrovato.

Riprendo il microfono. Che idea vi siete fatti di questa storia?

Javier Cámara: Ho pensato che Pedro tornasse con questo film a La Legge del desiderio, alle origini, ai suoi primi film che sono per me i più radicali. I suoi ultimi mi sono sembrati essere una stilizzazione della sua cinematografia originaria. Ho pensato che un regista tutta la vita fa il medesimo film, in cui parla delle sue angosce, dei suoi timori, dei suoi errori. E come se fosse un ciclo, si parte da un punto, in questo caso La Legge del desiderio, per tornare al medesimo venti anni dopo. Mi piaceva molto l’idea di un regista che guardava al suo passato.

Fele Martínez: Mi ha affascinato molto girare questo film, un po’ per il tema, per capire come sarebbe stato trattato il tema della pedofilia. In realtà guardando il film si capisce che la pedofilia è solo un punto di partenza, di modo che i personaggi si separino e poi si incontrino di nuovo dopo circa 20 anni. Ero incuriosito su come sarebbero state girate le scene, i rapporti tra i personaggi, e come sarebbe stato proiettarci negli anni ottanta. Tra l’altro sapevo che erano più di 10 anni che Pedro lavorava a questa sceneggiatura e quindi mi sentivo caricato anche di una grande responsabilità, di rispetto e di timore. Sentimenti contraddittori, tanto desiderio di recitare e al tempo stesso tanta soggezione. È stato un festival di sentimenti e di sensazioni.

E’ vero che vi ha messo a dieta?

Fele Martínez: Si, credo che è stata la parte più difficile del lavoro. La mattina appena svegliato andavo sul set, poi tornavo a casa mangiavo velocemente, dopo si rivedevano le scene girate, e di seguito gli allenamenti. La sera al letto tardi e al mattino la sveglia presto per girare.

Javier Cámara: Ma per Gael è stata ancora più dura...

In che senso?

Javier Cámara: Il ruolo di Gael è una metafora enorme, una metafora impossibile da realizzare, è impossibile... Gael deve essere maschio, femmina, giovane, assassino del fratello, innamorato di un uomo di sessanta anni... E poi un ruolo tremendamente maturo quando è un ragazzo, tremendamente infantile quando è un’adolescente, tremendamente violento quando innamorato. È difficile: è un attore che non è un attore, perché l’attore e suo fratello, ma vuole diventare attore. E Gael è un messicano che deve fare un transessuale spagnolo degli anni ottanta, per lui è stato un lavoro difficilissimo.

E per te com’è andata?

Javier Cámara: Io per un mese ho girato con i tacchi, ma al di là dell’aspetto fisico è la radicalità del ruolo a coinvolgere.

Fele Martínez: Personalmente non sono riuscito la prima volta a leggere di filato la sceneggiatura, mi sono dovuto fermare, tornare indietro, perché ci sono dei salti, dei passaggi sottili... La scena più complicata è stata per me quella che si svolge nella piscina, anche perché è carica di doppie intenzioni, di doppi sensi, ci abbiamo messo tre giorni per girarla perché dovevano essere chiari queste serie di sguardi, di parole.

Dietro le spalle dei due vedo l’ufficio stampa che mi fa ampi cenni. Il mio tempo è finito. Riesco a strappargli un’altra domanda. Avete fatto delle prove prima, o siete andati direttamente sul set per girare?

Fele Martínez: Abbiamo provato per tre mesi.

Javier Cámara: Io lavoravo in teatro in quel periodo per cui non ho potuto prendere parte alle prove. Abbiamo però fatto un lavoro con Gael durante tutto il film. Siamo andati nei locali dei transessuali per vedere le imitatrici di Sara Montiel, abbiamo parlato con loro, abbiamo bevuto moltissimo, ci siamo drogati moltissimo, e abbiamo avuto ovviamente delle esperienze transessuali per capire com’era la cosa... devi andare sul set con tutto questo lavoro fatto alle spalle... no?

[ottobre 2004]


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