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Festa del cinema di Roma - Fahrenheit 11/9

Pubblicato il 23 ottobre 2018 da Sarah Mataloni

VOTO:

Festa del cinema di Roma - Fahrenheit 11/9

Michael Moore, Premio Oscar nel 2003 grazie al docu-film Bowling a Colombine riesce ancora una volta, col suo stile graffiante, dissacrante e amaramente ironico a colpire nel segno, presentando, ad un pubblico inchiodato sulle poltrone per circa 120 minuti, tematiche scottanti (ma sotto gli occhi di tutti) con una lucidità analitica senza pari.
Fahrenheit 11/9 invertendo semplicemente le cifre del noto film Fahrenheit 9/11 (vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes nel 2004) parte dall’inaspettata e sorprendente elezione come Presidente degli Stati Uniti di Donald Trump e ritrae con realismo disarmante l’attualità socio-politica statunitense, e ancor più, l’inquietante scenario globale attuale.
La continuità con Fahrenheit 9/11, documentario focalizzato sulla vittoria di George W. Bush alle presidenziali statunitensi del 2000, e più in generale sulla situazione socio-politica degli Stati Uniti è evidente, ma nel "nuovo Fahrenheit" Moore si rinnova, estendendo il suo "raggio di azione" e portando lo spettatore ad un martellamento di coscienza continuo ed esasperante.
Lo sguardo di Moore si concentra all’inizio sulla micro-comunità di Flint (Michigan), suo paese natale, per allargarsi e per portare sulla lente d’ingrandimento scenari sociali rimasti insabbiati e inalterati per anni: Flint è infatti solo lo specchio di una condizione socio-politica statunitense che sembra sempre più distante dalle esigenze e dalle richieste del paese reale.
In 120 minuti di schiaffeggiamento continuo, lo spettatore viene pungolato e stimolato alla seguente riflessione
“ How. The fuck. Did this happen"?
L’occhio di Moore, tuttavia, non rimane focalizzato sulla figura dell’attuale presidente degli Stati Uniti, dipinto come un egotico narcisista, ma sulle motivazioni che hanno portato alla sua ascesa: nel mirino della sua ricerca anche i Democratici, che non hanno incoraggiato a sufficienza le spinte più progressiste e soprattutto i media, che nel bene o nel male, hanno posto Trump al centro della scena, consacrandolo a rivestire definitivamente un ruolo di spicco nel panorama politico mondiale attuale.
Co-protagonista del documentario da lui stesso scritto e diretto, Moore è in scena e si mobilita alla ricerca della verità partendo dal “piccolo” e rivestendo un ruolo chiave sia nella vicenda dell’ acqua avvelenata di Flint (che ha portato all’avvelenamento e alla conseguente morte di molte persone, specialmente bambini) sia quando la crisi e il disagio investono altri settori, come nel caso dello sciopero degli insegnanti nel West Virginia, o nel seguire prontamente e in prima persona i movimenti giovanili, come March forOurLive, manifestazione studentesca che ha avuto luogo in circa 800 località degli Stati Uniti a seguito del massacro alla Marjory Stoneman Douglas High School.
Nonostante sia emotivamente coinvolgente e nonostante abbia la capacità di assorbire totalmente il pubblico, non lasciandolo respirare per un solo istante, Fahrenheit 11/9 ovviamente non prospetta soluzioni: una speranza, forse, è riposta nell’attivismo dei più giovani o nello stimolo ad una reazione immediata che svegli la coscienza di un pubblico rimasto per troppo tempo uno spettatore inattivo.
La risposta emotiva del pubblico suscitata dagli interrogativi di Moore è notevole e visibile: Fahrheneit 11/9 sembra una scarica continua e inarrestabile di pugni in faccia dopo giorni di lungo sonno e intorpidimento.
Eppure il disastro era sotto gli occhi di tutti.
Da dove è cominciato?


CAST & CREDITS

Fahrenheit 11/9 Regia: Michael Moore;Sceneggiatura:Michael Moore; Fotografia: Luke Geissbuhler, Jayme Roy; Produzione:Michael Moore, Meghan O’Hara, Carl Deal


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