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Far East Film Festival 2015- Intervista a Sabrina Baracetti

Pubblicato il 3 maggio 2015 da Filippo Baracchi


Far East Film Festival 2015- Intervista a Sabrina Baracetti

Abbiamo intervistato telefonicamente la direttrice e fondatrice del Far East Film Festival, Sabrina Baracetti.
Il festival, quest’anno giunto alla diciasettesima edizione, ha maturato una sua identità specifica e ha creato un seguito di pubblico e di fan. Abbiamo chiesto a Sabrina, quali sono stati gli elementi per costruire un festival così particolare e unico in Europa.

Diciasette edizioni di Far East Film Festival.
Come il festival ha contribuito alla diffusione del cinema asiatico in Europa?

In questi diciasette anni, abbiamo sempre avuto un occhio di riguardo alle proposte che avessero una potenzialità commerciale.
Ci siamo impegnati direttamente nella distribuzione di pellicole provenienti dall’Asia, attraverso la fondazione della casa di distribuzione, Tuckerfilm, che è l’unione di due realtà del nostro territorio (CEC, Centro Espressioni Cinematografica, che organizza il festival e Cinemazero che organizza Le Giornate del Cinema Muto). Abbiamo cominciato a distribuire un film che abbiamo molto apprezzato, Departure di Takita Yojiro, che ha poi ricevuto il premio per migliore film straniero all’Oscar del 2009.
Abbiamo dunque acquistato molti diritti dei film che abbiamo presentato negli anni a Udine.
D’altra parte, è anche vero che i film che vengono presentati al FEEF, a livello europeo, hanno un’ulteriore vita propria, perché qui al festival, pur non essendoci un mercato, sono presenti molti buyers che vengono a vedere prodotti recenti di questa cinematografia e acquistano i diritti.
In Austria, Germania, Francia, Spagna, molti dei film che abbiamo negli anni presentato, hanno trovato una loro distribuzione, non soltanto nel mercato della sala, ma anche nell’home video e mercato TV. Purtroppo il rapporto è ancora piccolo perché il mercato italiano è ancora piuttosto lento per quanto riguarda il prodotto asiatico, con esclusione della Francia, in cui questi prodotti escono regolarmente nelle sale. L’obiettivo nel futuro sara quello di spingere questo rapporto in modo che salga rispetto ai film che mostriamo e che poi vengono successivamente distribuiti.

I festival maggiori come Cannes, Berlino e Venezia hanno attenzione per questo tipo di cinema oppure no?
Questa è una questione che, quando abbiamo iniziato diciotto anni fa, questo tipo di cinema, in cui ci siamo specializzati, non compariva nei palinsesti dei festival maggiori. Abbiamo dunque cercato con il FEEF, come dicono persone illustri come Carlo Freccero, di creare gusto e attenzione verso questo tipo di cinema. Negli anni piu recenti molti di questi film, degli autori che il FEEF ha contribuito a promuovere a livello europeo, hanno cominciato a essere indicati nei festival piu prestigiosi.
Faccio solo un esempio emblematico come quello di Johnnie To, uno dei piu grandi registi di Hong Kong: ha partecipato al primo festival internazionale qui a Udine. Johnnie To è andato poi a Venezia, a Cannes, a Berlino. Ha dunque seguito la trafila che si meritava, partendo da Udine. È stato dunque un trampolino di lancio.

I mercati maggiori europei per la distribuzione dei prodotti asiatici in Europa?
Berlino e Cannes.

A proposito di cinema di genere, sembra che la mancanza di diffusione del cinema di genere in sala e dunque la creazione di un seguito nel pubblico, sia un problema tipicamente italiano...
Credo che noi siamo cresciuti con questa distinzione, "prodotto d’autore" e di "genere", considerando questi ultimi quasi prodotti di "serie b". Noi invece a Udine non abbiamo mai fatto questa distinzione.
Credo che il cinema non debba essere interpretato in questo modo. Secondo noi, non esiste un prodotto alto e uno basso. Esiste un "buon" o un "brutto" film.
Questo fa parte della nostra filosofia da quando abbiamo cominciato, ancora prima di iniziare con l’Oriente, noi qui a Udine abbiamo studiato la commedia all’italiana, il western dal visto di vista europeo. Siamo sempre stati affascinati dall’idea che esista questa varietà di generi, in cui il pubblico si possa riconoscere e divertire.

In Oriente, la fruizione del cinema in sala è differente per cultura rispetto all’Occidente. Pensiamo per esempio alla lunghezza dei film. I film di genere hanno comunque una risposta tra il pubblico?
Ci sono molte distinzioni tra Cina, Giappone e Corea del Sud.
Adesso in Cina, cresce in modo esponenziale il numero delle sale, per cui il pubblico cinese è come il pubblico italiano negli Cinquanta.
Il divertimento principale è "andare in sala" a vedere i film. È di due settimane fa la notizia che il box office cinese di febbraio, che è un mese caldissimo (capodanno cinese e altre festività), ha superato in termini di numeri quello americano.

Le tendenze maggiormente importate dal FEEF attraverso i suoi film, intendo in termini di consumi cinematografici?
La Cina, visto che ha ancora una censura molto presente, ha creato un genere come la "commedia romantica", o commedia sofisticata. Uno dei modi in cui i registi dell’industria cinematografica lavorano, è incontrare il gusto del pubblico e la commedia romantica ha avuto dei risultati altissimi. Un esempio quest’anno è il primo film cinese di Pang Ho-cheung, Women who flirt, regista di tradizione hongkogese, che ha dovuto confrontarsi su questo genere con il mercato cinese.
Un altro esempio, pensando al Giappone, è coesistono i blockbuster e prodotti indipendenti e/o low budget che ha una distribuzione notevole, e sono prodotti di qualità.
Penso all’anno scorso film come Be My Baby di Hitoshi One ed a quest’anno una pellicola di Momoko Ando, interpretata dalla sorella Sakura Ando, due Rohrwacher giapponesi.

Con quale aggettivo definiresti il cinema proposto al FEEF?
L’aggettivo giusto è "popolare". E popolare lo è anche qui a Udine. Esistono naturalmente dei pregiudizi nei confronti di questo cinema, perché si ritiene di non poter apprezzare tutti livelli di questo cinema.

All’aggettivo popolare possiamo rimandare il divismo presente al FEEF. Un divismo trasversale e meno patinato rispetto ai festival più importanti (per esempio il festival di Venezia).
Non c’è dubbio.

Divi che comunque hanno un grande seguito anche in occidente, come è successo quest’anno Jackie Chan...
Da noi in Italia non esiste un vero star system, ma questo è in misura limitata. In Cina invece questo è fortissimo, dal momento che questi divi sono dei veri propri beniamini, degli eroi nazionali.
Jackie Chan è appunto un esempio, capace di mettere sottosopra la città di Udine. Ma la stessa cosa con dei personaggi come Joe Hisaishi, capace di condizionare il nostro immaginario musicale con film di Miyazaki. Oppure anche Nansun Shi, ex moglie di Tsui Hark, che è una delle maggiori produttrici del cinema di Hong Kong e cinema cinese di oggi.
L’atmosfera informale del FEFF gioca a favore di una platea che risponde e permette di mettere a stretto contatto fan e i divi, proprio per la specifica dimensione ridotta della manifestazione.


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