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Festa del Cinema di Roma 2007 - Conferenza stampa di Ce que mes Yeoux ont vu

Pubblicato il 23 ottobre 2007 da Sila Berruti


Festa del Cinema di Roma 2007 - Conferenza stampa di Ce que mes Yeoux ont vu

Presentano la conferenza stampa del film Ce que mes yeux ont vu il regista Laurent de Bartillat , il protagonista maschile Jean-Pierre Marielle e i produttori Geoffroy Grison, Fred Bellaïche

Il titolo francese Ce que mes yeux ont vu è una specie di scioglilingua e la distribuzione internazionale ha optato per il meno affascinante The Vanishing Point. Tuttavia il titolo originale riflette meglio quelle che sono le caratteristiche portanti della pellicola: il gioco tra ciò che si vede e ciò che invece rimane nascosto, il tentativo di scavare a fondo per arrivare alla conoscenza, si tratti di persone o di cose. Il personaggio di Dussart esprime abbastanza bene questo concetto. Volevamo chiedere all’attore come si era avvicinato a questo personaggio e come in relazione a questo dobbiamo leggere il film.

Jean-Pier Marielle: Lorean (il regista n.d.r.) non mi hai mai voluto dire chi fosse il mio personaggio, ha mantenuto il “segreto” per tutto il lavoro nel tentativo di tenere la vicenda di Dussart il più distaccata possibile da quella della protagonista . Questo è un film sullo sguardo, sulla capacità di osservare e il mestiere di Dussart (la statua vivente) gli permette appunto di osservare senza essere osservato, di guardare senza che nessuno possa comprendere le sue emozioni. Fare la statua vivente per lui è quindi solo un pretesto che permette uno spostamento tra l’artista che fa il mimo e lo spettatore che fa il perno. Io faccio molto teatro e la cosa più importante per me, quando recito, non è la parola ma il corpo. È una scelta che prima o poi ogni attore fa il corpo o la parola e io ho scelto il primo. Molti hanno notato delle somiglianze con mio nonno Charlie Chaplin ed effettivamente è così; perché non dovrei ispirarmi ad un grandissimo attore?

Laurent de Bartillat : Mi sono effettivamente preso delle liberta con il personaggio di Jean-Pierre. Mi sono permesso di non definire il personaggio, il ché naturalmente è una delle cose che ha generato le critiche meno positive nei confronti del film.

Sappiamo che le piace Roma di Federico Fellini, invece per quel che riguarda il cinema di Michelangelo Antonioni e il suo rapporto con il visivo?

J-P. M. : Blow-Up è un film che ha influenzato molto il mio modo di vedere e fare cinema. Ma il mio film non parla solo di ciò che vediamo e di ciò che non vediamo in termini di immagine. Il concetto si sposta anche sui personaggi, sul loro vissuto: tutti infatti sono abitati da un fantasma.

Ma c’è veramente un fiume sotterraneo a Parigi?

J-P.M. : Si, esiste veramente, non è una leggenda.

Una domanda ai produttori del film. Se fossi stato io al vostro posto avrei tentato di rendere senza dubbio la cosa più spettacolare possibile, di esacerbare la presenza di questo fiume in modo tale da renderlo molto più affascinante o comunque di rendere molto più spettacolare l’inchiesta stessa. A lei è mai venuto in mente di avanzare questa richiesta?

Geoffroy Grison : No, assolutamente no, perché la forza del film sta proprio nel fatto che ci invita a guardare diversamente le cose che ci sono vicine, in questo senso è un film unico.

Fred Bellaïche : Quello che ha inquietato i nostri finanziatori è stata proprio l’impossibilità di catalogare il film, di ridurlo ad un genere specifico, il che ha reso difficilissimo reperire il denaro necessario.

Dunque avete avuto dei problemi a trovare i soldi per fare il film? Esiste comunque in Francia la possibilità di presentare un film del genere ad un produttore e di riuscire a farselo finanziare?

J-P.M. : Non che sia tanto facile ma si, esiste questa possibilità. Ci è voluto moltissimo tempo per trovare il denaro, senza contare che la lavorazione stessa del film è stata piuttosto lunga se consideriamo che è dal 2002 che ci stiamo lavorando.

Tutti i grandi registi sono schiavi di una ossessione, esattamene come la sua eroina. L’ossessione è qualche cosa che migliora o peggiora la vita?

J-P.M.: I film che uno scrive e poi gira sono necessariamente molto personali, ci appartengono. Capiamo solo alla fine quello che abbiamo fatto. In questo senso si può parlare di ossessione. Le ossessioni sono qualche cosa che esce da te, una sorta di urgenza, di bisogno personalissimo e impellente. Il cinema è quindi per prima cosa un’esperienza personale.


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