X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Intervista a Vincent Gallo - Venezia, 6 settembre 2009

Pubblicato il 9 settembre 2009 da Carlo Dutto


Intervista a Vincent Gallo - Venezia, 6 settembre 2009

Capelli lunghi, barba lunga incolta, cappellino da baseball, una maglietta grigia e grandi occhiali che nascondono gli occhi. Incontriamo Vincent Gallo su una terrazza presso il giardino dello Spazio Foscari 3 al Lido di Venezia, dove è sbarcato per presentare Metropia, il film di fantascienza di stampo orwelliano in cui presta la voce a uno dei personaggi. Si parla degli inizi della carriera, della prima regia con Buffalo 66, di cinema italiano, in una atmosfera rilassatissima.

Hai svolto semplicemente la tua parte di doppiatore o la scelta di Metropia riguarda anche la tua visione del mondo?
Sono solo una voce nel film, il film non rispecchia per nulla la mia visione del futuro: non leggo libri che ipotizzano il futuro, ma se potessi lavorare solo con la mia voce sarebbe fantastico. Il mondo del cinema pensa troppo all’aspetto esteriore. A differenza degli elementi di Metropia, nella mia piccola percezione del cosmo, provo sempre a tenere la mia energia fuori da situazioni che implicano paura, rabbia, sono elementi che non fanno parte della mia vita.

La tua carriera unisce film culto a film praticamente sconosciuti a un grande film come il recente Tetro di Coppola. Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo del cinema?
Io sono entrato nel mondo del cinema quasi per caso. Tutto nasce dal fatto che ho sempre voluto scappare dal luogo dove sono nato e cresciuto, Buffalo. Il fulcro di tutto sta nelle origini povere della mia famiglia.. Per scappare e mantenermi, ho iniziato a fare delle performance improvvisate in strada: l’idea era di mettere in difficoltà le persone, per esempio piangendo alle vetrine dei ristoranti e facendomi vedere dai clienti per poi essere sbattuto via dai padroni dei ristoranti. Per qualche oscura ragione, qualche filmaker mi ha notato e hanno pensato che avessi del talento da attore e dato che considero me stesso un sopravvissuto la mia prima domanda è stata: Quanto mi pagate? e solo quando la cifra mi ha soddisfatto, ho detto di si.

Sei conosciuto come un attore testardo e molto pignolo...
La mia filosofia di vita nel lavoro è che ogni cosa che faccio la faccio al mio meglio, a tal punto che spesso la mia dedizione al lavoro fa irritare le persone. Io per cinque anni sono stato il miglior lavapiatti di New York...ma non inizio mai un lavoro, un film senza chiedere per prima cosa: “Quanto mi dai? Quanti giorni? Come sarà la mia stanza d’albergo?

Il tuo esordio alla regia, Buffalo 66, ha rivelato a suo modo un autore. Come è nato questo splendido film?
Ho scritto la sceneggiatura di Buffalo 66 perchè volevo interpretare un personaggio romantico, un modo per rimorchiare meglio fuori dal set e in effetti il film mi ha aiutato in questo senso. Ma volevo farlo dirigere a un altro regista, non volevo sobbarcarmi una responsabilità così grande: ho chiesto ad alcuni registi tra cui il grande Monte Hellmann, ma nessun produttore voleva metterci i soldi, lo considerava un regista finito...ho chiesto al miglior regista dell’epoca di videoclip, ma non gli bastava il budget di 7 milioni di dollari che gli proposero. Alla fine il film l’ho girato io stesso spendendo meno di un milione di dollari...di cui 100mila dollari per me, che nel 1997 erano davvero tanti! Mi sentivo un bilionario!

Cosa ti ha "insegnato" la tua prima esperienza da regista?
La mia prima regia ha conciso con un periodo di grande disciplina per me, da attore non devi controllare la mole di responsabilità che in seguito alle mie due regie mi hanno davvero portato alla follia. Anche adesso ho appena completato il mio terzo film da regista e sono completamente fuso!

Come ha influito la tua gioventù cosi difficile e ribelle a Buffalo con la tua carriera?
Faccio un esempio che riguarda il mio rapporto con il letto dove dormo. Premetto che quando ero piccolo la mia famiglia era davvero povera e dormivo in un grande letto con cinque persone della mia famiglia tra cui un mio parente che a causa di una malattia aveva perso una gamba sostituita da una di legno. Io gli dormivo vicino e ogni volta che si metteva a letto ricordo che la gamba, pesantissima, faceva scivolare anche me verso il bordo del letto e verso di lui, quindi gli dormivo praticamente addosso. Ora, quando viaggio per lavoro o per svago chiedo sempre un letto di grandi dimensioni per la mia camera albergo, in quanto mi piace avere tanto spazio tutto per me a differenza di quando ero giovane! Anche le mie fidanzate o le ragazze con cui passo una notte preferisco che "dopo" non restino a condividere il letto. Forse per questo non ho un rapporto stabile da circa dieci anni e ora di anni io ne ho 48..

Il tuo personaggio pubblico e i tuoi personaggi sullo schermo sono sempre degli outsiders, fuori dalle regole. personaggi forti che si ricordano nel tempo, affascinanti. Perchè non sei ancora diventato una super-star?
Non ho mai inseguito il blockbuster, la fama a tutti i costi. Basti pensare che con Buffalo 66 avrei potuto fare il grande salto di celebrità, ma la mia indole mi ha fermato. Dico e faccio cose che la gente e il pubblico non approva. Tutta la mia carriera e basata su questa mia indole da mente ristretta. Una sorta di retaggio della mia vita giovanile a Buffalo. Se fossi più accondiscendente forse otterrei più ruoli in grandi film. A parte la "chiamata" di Coppola, non ricevo una proposta da un regista americano da almeno dieci anni. Non ho agente, nè avvocato , non ho assistenti nè ufficio stampa, non ho un giardiniere. Nella mia vita ho cambiato casa 15 volte e mai con una compagnia di traslochi, riempio casa di decine di collezioni, alcune delle quali anche molto importanti. Faccio tutto di testa mia e con forze mie e questo forse è sinonimo di una mente ristretta, ma pur di controllare ogni aspetto della mia vita, tendo alla distruzione di me stesso.

Insomma, un personaggio poco amato da chi ruota intorno a Hollywood...
Ogni volta che ho ottenuto una parte sono stato chiamato direttamente dal regista, mai da un casting director. In tutti i film che ho girato il produttore di turno mi ha sempre odiato. Anche per Tetro non ho mai conosciuto il produttore esecutivo, Fred Roos, non mi ha mai davvero voluto nel film.

Quando si dice Vincent Gallo la prima cosa che si pensa è a un attore rissoso e violento, da cosa nasce questo mito ribelle retaggio jamesdeaniano e ti ritrovi in questo mito?
Un esempio di come nasce il mito di me come rissoso e violento viene da un aneddoto che mi riguarda durante un film che ho girato in Messico con Kiefer Sutherland, Truth or Consequences (Viaggio senza ritorno 1997, ndr). Qui interpretavo la parte di un prigioniero e per prepararmi alla parte ho passato tre giorni in un carcere di massima sicurezza. Nessuno sapeva chi fossi e perchè davvero fossi li, tra psicopatici e omicidi. Una esperienza brutale necessaria nel mio vivere seriamente il mio lavoro. In carcere avevo notato che in basa al periodo di detenzioni, i carcerati tagliavano le maniche della camicia in un modo particolare in base al loro potere tra gli altri detenuti. Quando ricevetti la camicia di scena sul set, qualche giorno prima delle riprese, ho segnalato e ho pregato la costumista di fare delle correzioni in base a quanto visto sulle maniche nel vero carcere. La costumista, non capendo l’importanza che aveva per me questo particolare per entrare nel personaggio mi rispose: "Il film non è basato su di te". Il giorno dopo sul set la camicia non era pronta. Mi sono arrabbiato tantissimo, l’avrei presa a sassate, tutta la troupe mi vide arrabbiarmi così tanto da sviarmi per i tre mesi delle riprese. Ognuno avrà raccontato quanto visto ad altre persone, cosi si crea il mito del rissoso Vincent Gallo.

Ma allora perche tanto odio nei tuoi confronti, ti accusano di tutto: razzista, sessista...
Mi accusano di essere razzista, di essere contro gay, stranieri, donne. Credo che l’attenzione eccessiva che si rivolge al concetto di uguaglianza non faccia altro che esaltare l´ineguaglianza. Se davvero credessimo nell’uguaglianza, non ci sarebbe il gay parade per esempio. Io credo solo nella pace e nell´amore, il resto e inutile. Io poi amo talmente tanto le donne da trascendere il concetto di femminismo.

Cosa conosci del cinema italiano e cosa ne pensi?
Il cinema italiano l’ho tanto amato e visto in passato quando passavano molti film europei in programmi televisivi della notte e abitavo a Buffalo ed ero con la mente aperta, dai dieci ai venticinque anni. Ricordo i film di Pasolini, quindi i registi più classici, ma col tempo ho iniziato a preferire il cinema italiano di serie B, il mio preferito era Lucio Fulci, ma anche Sergio Sollima e i registi di genere. Polizieschi, western che avevano grandi difetti tecnici, con le voci fuori sincrono, le luci sbagliate, ma le storie bellissime e il techniscope, la musica fantastica.

Nella tua filmografia da attore, c’è spazio anche per una esperienza nel cinema italiano...
La mia esperienza nel cinema italiano si è fermata al film con Pasquale Scimeca (per il film Gli indesiderabili del 2003 ndr) e devo dire che non ho un bel ricordo di quella esperienza, a quel film mancava la magia e me ne accorsi già durante le riprese. Il problema del cinema italiano secondo me è che è in gran parte finanziato dallo Stato e non trovo che sia giusto, perchè poi, come in questo caso, si ha a che fare con aspettative diverse che creano pressioni su tutta la troupe e rovinano il film. E’ come se il governo potesse piantare un albero dove vuole. Io preferisco quando l’albero cresce da sè, per una commistione di sole, pioggia e terra.

Tetro, regia di Francis Ford Coppola: tu interpreti il protagonista che da il nome al film. Che esperienza hai vissuto con il regista di Detroit?
Mi ha chiamato lui stesso al telefono e come sempre la prima cosa che ho risposto e stata: quanto? Mi ha proposto una cifra che non mi andava, abbiamo trovato un compromesso e firmato l´accordo. Francis is really a beautiful person, una persona cui èfacile affezionarsi e adoro i suoi film, in particolare The rain people (trad.it. Non torno a casa stasera ndr). Io stesso sono stato molto piu gentile e calmo con lui che con chiunque altro regista nella mia vita. Come attore è stata una esperienza più difficile perchè Francis è un regista molto classico, e anche se questo film ha un respiro piu poetico del solito cinema americano, ha comunque una struttura classica, lontana dalle mie corde più alternative. E’ un regista che prova molto spesso e gira molti ciak, ma è stato un esercizio molto importante per me.

Venezia, 6 settembre 2009


Enregistrer au format PDF