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Toni Servillo: “Il mio Jep, un cinico sentimentale”

Pubblicato il 1 giugno 2013 da Antonio Valerio Spera


Toni Servillo: “Il mio Jep, un cinico sentimentale”

Toni Servillo è ed è stato una costante del cinema di Paolo Sorrentino, quasi un alter ego capace di trasferire nelle sue interpretazioni l’eclettismo dello stile del regista napoletano. Dopo Tony Pisapia, Titta Di Girolamo e Giulio Andreotti, ne La grande bellezza è il turno di Jep Gambardella, giornalista, scrittore e protagonista della vita mondana romana.

Toni, chi è Jep Gambardella?

Toni Servillo: Jep è un cinico sentimentale, uno che oppone il cinismo ai sentimenti, perché ne è spaventato. Il suo è un movimento obbligato, ostinato: prova ad abbandonarsi alle situazioni emotive e poi quando si sta dando ad esse si ritrae, per tante ragioni, per paura, per viltà, o anche perché crede che quel vuoto o quel niente a cui lui aspira poi lo sorprenda. Perché dietro il vuoto ci sono i disinganni, le illusioni, le amarezze, gli slanci romantici perduti. Dietro a quel vuoto c’è un’immensa quantità di occasioni perdute. E’ una sorta d’inadeguatezza che viene dalla consapevolezza di un uomo che è un disilluso che però ha anche grandi capacità sentimentali. Io credo nel cinismo sentimentale di Jep, che può essere, rispetto al cinismo, un riscatto, la riscoperta di una parte migliore di sé.

Si sente un po’ la musa di Paolo Sorrentino?

T.S.: Io ho ricevuto quattro sceneggiature, quattro regali. Pur avendo cominciato a fare cinema con Martone, devo a Paolo la responsabilità di avermi fatto fare per la prima volta il protagonista. Non ci siamo mai fatti domande sul nostro rapporto, ci unisce in particolare il fatto di essere entrambi napoletani, e noi napoletani abbiamo questa sorta di ironia, nel significato di una passione che prende le distanza. Jep è il risultato più forte della nostra collaborazione. Nei film di Paolo ci sono sempre stati racconti di persone che perdevano qualcosa e dovevano recuperarle, qui c’è invece un personaggio che recupera qualcosa e che vuole perderla, e lo fa con l’ironia tipica di un napoletano.

Cosa l’ha stupita del lavoro di Paolo questa volta?

T.S.: Quando abbiamo letto la sceneggiatura siamo rimasti tutti impressionati dalla grandezza di questo affresco, per cui mi ha stupito come Paolo è stato capace di ricrearlo sullo schermo. La macchina da presa di Paolo in questo film va dentro i riti, va dentro una socialità, un certo modo di stare insieme, di leggere il mondo. E’ stato un film piuttosto faticoso da fare, per la sua magnificenza, sontuosità della messa in scena. Era un film che aveva la necessità di essere governato. E penso che Paolo l’abbia fatto molto bene.

Il panorama descritto dal film deve fare interrogare il pubblico…

T.S.: E’ un film che pone molte domande. Dai riti descritti emergono domande che restano inevase in questo senso di smarrimento generale.

Com’è stato lavorare con Verdone?

T.S.: Io sono un fan da sempre di Verdone, ho anche avuto modo di dimostrarlo nel duetto fatto al Festival di Roma qualche anno fa. Io in quell’occasione feci vedere una sequenza irresistibile di C’era un cinese in coma, neanche lui se la ricordava, ma tutto il pubblico rideva tantissimo. Io sono sempre grato a quei comici che hanno la capacità di allontanare la tristezza dal mondo, la risata è un dono che hanno alcuni attori a cui dobbiamo essere tutti grati. C’è una grande stima tra noi. Ci dicevamo: prima o poi capiterà di lavorare insieme. E poi è stato Paolo a sorprendere entrambi. Credo che si intuisca vedendo il film che ci sia una gioia nel duettare.

Cosa si aspetta da La grande bellezza?

T.S.: Sono molto curioso della risposta del pubblico, spero lo vadano a vedere in molti. Questo è il mio augurio al film e quindi al cinema italiano, che ha fatto uno sforzo produttivo enorme per produrre quest’opera. Ci vuole energia, amore, dedizione, passione per fare un film del genere, così coraggioso, e non sappiamo quante saranno ancora le occasioni in futuro di fare un film in pellicola con queste ambizioni avendo una totale libertà d’autore.


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