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Intervista a Suha Arraf

Pubblicato il 23 settembre 2014 da Filippo Baracchi


Intervista a Suha Arraf

Incontriamo a distanza Suha Arraf, regista e produttrice di Villa Touma, una delle opere presentate nell’ultima edizione della Sic-Settimana Internazionale della Critica di Venezia.
Dopo essere stata al Festival di Toronto a presentare il suo film che girerà in altri festival, ho l’occasione di porle delle domande riguardo all’opera più discussa a livello produttivo dell’ultima edizione della Mostra di Venezia, a causa del dissidio, nato prima della presentazione ufficiale, con l’autorità israeliana che le ha concesso il finanziamento al suo film.

Villa Touma si svolge in un periodo storico cruciale per il destino della Palestina. Come mai hai deciso di scrivere questa storia e perché?

Volevo raccontare una storia sulla aristocrazia cristiana palestinese, che fu costretta ad andarsene dopo la guerra del 1967 e l’occupazione israeliana della sponda occidentale.
Le sorelle protagoniste del film appartengono a quei pochi cristiani che rimasero nelle loro dimore a causa del loro orgoglio.

Quale relazione c’è nel tuo film tra finzione e realtà?

Il film è ispirato a una reale villa in Ramallah che era un hotel di lusso chiamato "Hotel Ramallah", gestito da una anziana signora chiamata Aida Odeh, quando la città di Ramallah era luogo dove le stelle e i re del mondo arabico amavano spendere i loro weekend e le loro lune di miele. Dopo il 1967 la signora Aida chiuse il suo hotel e il tempo si fermò, nulla cambiò al suo interno...

Il tuo film ha una fotografia armoniosa e una scenografia particolareggiata. Quale è stato il tuo obiettivo estetico?

La Villa è un quinto personaggio all’interno del film e riflette perfettamente lo stile di vita della borghesia di Ramallah durante gli anni Sessanta. Gli interni della villa sono così organizzati e ordinati in confronto agli esterni che sono così caotici e rumorosi.

Sei anche produttrice di questa pellicola. Quali sono i problemi a realizzare un film in Palestina?

La mancanza di fondi è il più grande problema.
Ho avuto molti rifiuti dai fondi cinematografici europei perché la storia era molto differente dai precedenti film Lemon Tree e Syrian Bride.
Non era il tipico film sulla Palestina che i fondi europei vogliono vedere, ma, come ho potuto osservare in tutte le proiezioni e dalle recensioni in Europa, il pubblico ha invece molto apprezzato la pellicola.

Come descriveresti la figura di Badia?

Badia è una ragazza innocente e misteriosa, il suo volto sta nascondendo un segreto. Allo stesso tempo non ha paura del cambiamento.

Nel ruolo di una delle sorelle Touma c’è l’attrice, regista e produttrice Cherien Dabis.
Quale è stata la sua reazione al film?

Cherien Dabis ha trovato il progetto molto interessante e ha capito subito cosa volevo.
L’empatia e la comprensione del personaggio Antoinette erano le componenti più interessanti del suo ruolo e saputo renderle al meglio in una storia corale.
E’ stata molto soddisfatta del risultato...

Le sorelle si chiamano Antoinette, Juliette, Violette. Questi nomi hanno un significato particolare?

Non hanno nulla di speciale ma sono dei nomi cristiani divertenti.


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