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Festival del Film di Roma 2014 - Haider

Pubblicato il 29 ottobre 2014 da Fabiana Sargentini


Festival del Film di Roma 2014 - Haider

Che ne sa uno spettatore comune italiano della guerra del Kashmir in India quasi vent’anni fa, nel 1995? Nessuno ne sa nulla tranne, forse, una piccolissima èlite. Eppure, man mano che passano i primi minuti, dei 159 complessivi, ci si infiamma per le passioni di Haider.
L’intrepido regista Vishal Bhardwaj si lancia nella terza parte della sua personale trilogia shakespeariana inserendo la vicenda de "L’Amleto" tra le montagne innevate della regione himalayana indiana (dopo Maqbool del 2003, tratto dal Macbeth, e Omkara, 2006, tratto dall’Otello), dedicando la pellicola al padre (con tanto di cartello con foto).
Musical di Bollywood, film d’azione, di guerra, splatter, tragedia, romance, melodramma tutti shekerati insieme in un cocktail inebriante. Politicamente duro, contro l’uso della violenza e della tortura nelle carceri, favorevole all’indipendenza della regione dall’India fino alla dichiarazione: "Tutto il Kashmir è una prigione".
Partendo da una prima spinta a ricercare il padre, continuando a scoprire orrori riguardo la sua prigionia (avvenuta perché, in quanto dottore, aveva ospitato e operato in casa un importante militante politico estremista ostile al governo), Haider finisce in una spirale strozzante di violenza e vendette. "La vendetta non rende liberi. La libertà è oltre la violenza. La vendetta porta solo vendetta". Queste tre frasi, ripetute più volte, diventano motivi che rimbalzano da un personaggio all’altro, spargendo sangue e paura e odio. I pochi monologhi amletici riproposti in maniera letterale sono abilmente inscenati in contesti originali: "essere o non essere" a letto con la ragazza amata (ma figlia del capo della polizia in combutta col perfido zio assetato di potere); quello con il teschio, disseppellito dalla candida neve, davanti al quale un bambino chiede ad Haider: "Perché i teschi sorridono sempre?". Un particolare ardito: nell’occhio destro di Roodhar (compagno di cella del padre, sopravvissuto per miracolo al tentativo di assassinio compiuto dalla polizia di stato buttando i due uomini nel fiume dopo averli legati e sparati), in un viso che è una mappa delle ferite inflitte, occhio presumibilmente divenuto cieco, una membrana lattiginosa sull’iride forma un tao, un simbolo dell’unione di yin e yang, bene e male, vita e morte.
Bollywood non sembra essere l’unica realtà cinematografica indiana: questo film dichiara la grande maestria tecnica, lo spessore della storia narrata, la vitalità creativa e stilistica di un autore che ha pari dignità di moltissimi registi americani pluri-premiati in patria e all’estero, un regista che, non rinnegando le proprie radici, gioca con i generi (l’uso della musica, composta dal regista stesso, e del ballo sono unici, evocativi e al tempo stesso strettamente collegati alla trama, portando avanti senso e contenuto), usando professionisti in grado di recitare ballare fare acrobazie come ginnasti-danzatori-cantanti di prim’ordine, integrando il testo classico nella realtà contemporanea indiana.
Rapporti tra madre e figlio maschio, amore morboso fino ad un inespresso desiderio incestuoso (da ambo le parti: lui, più che adolescente, le mette il profumo sul collo; lei lo bacia sulla bocca rossa di sangue, in un intenso e doloroso addio, e tramite quel bacio si fa carico del compito filiale), un gioco a incastro di desideri e vendette, fondamentalismo, nazionalismo, contrasto tra potere e popolo: con così tanti temi ci si potrebbero fare cento film, invece Bhardwaj ne fa uno solo, denso, carico come una bomba a mano (o come più d’una su un solo cartucciere, sotto uno scialle femminile rosso carminio), esplosivo.


CAST & CREDITS

(Haider); Regia: Vishal Bhardwaj; sceneggiatura: Basharat Peer, Vishal Bhardwaj; fotografia: Pankaj Kumar; montaggio: Aarif Sheikh; musica: Vishal Bhardwaj; interpreti: Shahid Kapur, Shraddha Kapoor, Tabu, Kay Kay Menon, Kulbhushan Kharbanda, Narendra Jha, Lalit Parimoo, Ashish Vidyarthi, Aamir Bashir, Sumit Kaul, Rajat Bhagat, Irrfan Khan; produzione: UTV Motion Pictures, Vishal Bhardwaj Pictures; origine: India, 2014; durata: 159’; Proposta di voto: 4 su 5 stelle.


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