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Festival del Film di Roma 2014 - Guida tascabile per la felicità

Pubblicato il 18 ottobre 2014 da Francesca Polici

VOTO:

Festival del Film di Roma 2014 - Guida tascabile per la felicità

Avete presente quei classici film americani sul passaggio dall’adolescenza alla vita adulta molto politically correct? Ecco, Guida tascabile per la felicità, esordio cinematografico di Rob Meyer e presentato in concorso nella sezione autonoma Alice nella città nell’ultima edizione del Festival di Roma, non è altro che questo. Sfruttando tutti gli stereotipi e sentimentalismi del caso, l’autore mette in scena la più classica delle teen-comedy che, nonostante i suoi oggettivi limiti artistici, tutto sommato risulta piuttosto godibile. Il film, infatti, sembra essere consapevole delle sue possibilità e non ambisce ad essere ciò che non è. Al contrario, fa della sua semplicità e anche del suo stesso esasperato sentimentalismo il suo cavallo di battaglia. Discutibile certo, ma almeno mantiene una certa onestà intellettuale che difficilmente è riscontrabile in opere di questo tipo.

La pellicola si apre sul personaggio di David, un ragazzino rimasto da poco orfano della madre e che, ancorandosi con assoluta determinazione al suo passato, si rifiuta di andare avanti. A questa difficile elaborazione del lutto si aggiungono i soliti topoi del caso: un padre in procinto di risposarsi con un’altra donna, l’amore, l’amicizia ed il solito e immancabile conflitto generazionale.

Insomma, Guida tascabile per la felicità non si fa mancare proprio nulla. Usa, tutte le banalità del caso condendole con tanto, anche troppo, patos. Eppure, in certi momenti riesce ad essere anche divertente e si lascia apprezzare sia per la semplicità che per la delicatezza del tocco. Sì, perché Rob Meyer, pur essendo alla sua opera prima, lascia intravedere una buona padronanza della macchina da presa. Segue ed osserva i suoi personaggi senza mai divenire invadente, lascia che siano loro a presentarsi e ad esprimere le proprie emozioni, lasciando prevalere il punto di vista di un gruppo di adolescenti che insieme al protagonista partono alla scoperta del mondo e della vita adulta. Il viaggio come percorso di cambiamento, di crescita, un pretesto narrativo per innescare lo sviluppo drammatico e portare finalmente il giovane David verso il mondo reale. Prima però dovrà passare non solo per i soliti amori e sentimenti dell’età adolescenziale, ma anche per un affascinante universo che vede la natura come una sorta di co-protagonista del ragazzo.

Motivo per cui da molti è stato definito come un romanzo di formazione “ecologico”, proprio a sottolineare le continue corrispondenze che l’autore attua con il mondo vegetale ed animale – basti pensare alla metafora della sofferenza dell’anatra, vista dal ragazzo come la sofferenza della madre. Insomma, un film che rispetta perfettamente i canoni della classicità e del buon costume, che non affronta nulla di nuovo neanche formalmente ma che, in fondo, lascia intravedere delle qualità registiche che speriamo possano essere applicate diversamente in futuro.


CAST & CREDITS

(A Birder’s Guide to Everything); Regia: Rob Meyer; sceneggiatura: Rob Meyer, Luke Matheny; fotografia: Tom Richmond; montaggio: Vito DeSario; musica: Jeremy Turner; interpreti: Kodi Smit-McPhee, James LeGros, Daniela Lavender, Katie Chang, Alex Wolff, Zandi Holup, Michael Chen, Tobias Campbell, Joel Van Liew; produzione: Dreamfly Productions, Escape Pictures, Lavender Pictures; distribuzione: Videa CDE; origine: Usa, 2013; durata: 86’.


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